papamanoliDi Daniele Rocchi

“Un voto storico? Si vedrà. Con queste elezioni i greci hanno detto all’Ue che vogliono seguire una strada fatta non di austerità ma di solidarietà perché è sulla solidarietà che deve nascere la nuova Europa”. Così monsignor Franghiskos Papamanolis, presidente della Conferenza episcopale greca, commenta i risultati della tornata elettorale del 25 gennaio, che ha visto prevalere, come ampiamente previsto, il partito di sinistra radicale Syriza guidato da Alexis Tsipras con 149 seggi, due in meno di quelli necessari per un governo a maggioranza assoluta. Secondo partito è quello del premier greco uscente Antonis Samaras, Nea Demokratia, con 76 seggi, mentre il gruppo di estrema destra, con chiare connotazioni filo-naziste e razziste, Alba dorata, diventa il terzo partito portando a casa 17 seggi. Lo stesso numero di rappresentanti della neo-formazione politica To potami (Il fiume) mentre Amel (Greci indipendenti) prende 13 seggi. I restanti seggi vanno al Partito comunista (15) e a quello socialista del Pasok (13) che subisce un vero tracollo.

Che voto è stato questo di ieri in Grecia?
“Un voto di rabbia, l’espressione di un popolo frustrato, che soffre e che vedeva nel governo precedente, guidato da Samaras, nessun segno di sensibilità verso questa sofferenza. Il popolo ha scelto chi crede possa dargli un poco di speranza. Nelle sue apparizioni televisive Samaras non faceva altro che provocare timore e tremore nella popolazione. Le sue affermazioni contro Tsipras, – se va al potere i sacrifici fatti fino ad oggi non saranno serviti a nulla – non sono state ascoltate. I risultati del voto parlano chiaro. Ma va detto anche che la campagna elettorale non ha detto nulla, né da una parte né dall’altra. Non abbiamo ascoltato programmi da nessuna parte”.

Il popolo ha votato così il cambiamento punendo i partiti tradizionali come il conservatore Nea Demokratia e il socialista Pasok, che hanno governato il Paese per oltre 40 anni…
“Il popolo ha scelto Tsipras per metterlo in azione, dopo aver visto i Governi precedenti. Samaras non faceva altro che annunciare che non ci sarebbero state altre tasse, salvo smentirsi qualche tempo dopo. La gente non ce la fa più e questo voto ribadisce una voglia di cambiamento per lasciarsi dietro disperazione e crisi. E a uscirne con le ossa rotte sono stati i partiti tradizionali. Ma c’è un dato che non va sottovalutato in questo voto…”

Quale sarebbe?
“L’alta percentuale di astensioni, circa il 40%. Tsipras ha portato a casa il 36% del 60% di coloro che hanno votato. Questo deve spingere il nuovo leader a lavorare per ridare forza, voce e speranza anche a chi, davanti al baratro della crisi, ha scelto di non votare per disperazione e disaffezione”.

Per governare Tsipras ha bisogno di un alleato. Si parla di un accordo con il leader del partito nazionalista Amel, Panos Kammenos. Due schieramenti politicamente agli antipodi, ma accomunati dall’opposizione all’austerità Ue…
“Un’alleanza con To Potami forse bilancerebbe un certo radicalismo di Tsipras. L’accordo con Amel, invece, potrebbe alimentare una politica anti-euro. Syriza ha sparato contro la politica europea di austerità e promesso speranza e benessere. Ma il popolo non può vivere solo di speranze. La speranza si crea con i fatti e non con le parole”.

Quali sono i primi passi concreti che il popolo attende dal nuovo premier? 
“Si è parlato del taglio delle tasse, dell’aumento dello stipendio minimo (da 450 a 751 euro, ndr.), della sanità gratuita per i più poveri, tanto per citare alcuni punti illustrati in campagna elettorale da Syriza. Ma come? Con quali soldi? Dove li troverà? Basterà non pagare i debiti, o cancellarli come ha detto Tsipras? A questa domanda nessuno ha mai risposto compiutamente. E per arrivare a questi risultati bisognerà lottare, non poco, contro una grande corruzione”.

Cosa pensa di Alba dorata come terzo partito?
“Un dato che fa paura. Una percentuale molto alta. E pensare che quasi tutti i deputati che aveva nel precedente parlamento erano in carcere, anche il capo. Anche questo risultato è segno della disperazione in cui versa il nostro popolo”.

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