Mali/Mopti 13/93Emergency help for the Diocese of Mopti (Islamist insurgency): It is not easy to have photos because some still have fear, believing that they will be treated not as refugees but as of the rebels. Some malnourished children are welcomed in our health centre.Il n'est pas facile d'avoir des photos car certains ont encore peur croyant qu'ils seront traités non pas comme des réfugiés mais comme des rébelles. Certains  enfants malnutris sont accueillis dans notre centre de santé.ONLY THIS SMALL FILE QUALITY AVAILABLE!

Zenit

Riportiamo di seguito una sintesi del Discorso alla Città, pronunciato dal cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano il 6 dicembre 1990.

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Un punto che mi è sembrato finora poco atteso e cioè la necessità di insistere su un processo di “integrazione”, che è ben diverso da una semplice accoglienza e da una qualunque sistemazione. Integrazione comporta l’educazione dei nuovi venuti a inserirsi armonicamente nel tessuto della nazione ospitante, ad accettare le leggi e gli usi fondamentali, a non esigere dal punto di vista legislativo trattamenti privilegiati che tenderebbero di fatto a ghettizzarli e a farne potenziali focolai di tensioni e violenze.

Finora l’emergenza ha un po’ chiuso gli occhi su questo grave problema. In proposito, il recente documento della Commissione Giustizia e Pace della CEI dice: “Non va dimenticata la necessità di regole e tempi adeguati per l’assimilazione di questa nuova forma di convivenza, perché
l’accoglienza senza regole non si trasformi in dolorosi conflitti” (Uomini di culture diverse, dal conflitto alla solidarietà, 25 marzo 1990, n. 33). È necessario in particolare far comprendere a quei nuovi immigrati che provenissero da paesi dove le norme civili sono regolate dalla sola religione e dove religione e stato formano un’unità indissolubile, che nei nostri paesi i rapporti tra lo stato e le organizzazioni religiose sono profondamente diversi.

Se le minoranze religiose hanno tra noi quelle libertà e diritti che spettano a tutti i cittadini, senza eccezione, non ci si può invece appellare, ad esempio, ai principi della legge islamica (sciariaa) per esigere spazi e prerogative giuridiche specifiche. […]

Sembra corretto, nel quadro dell’atteggiamento di rispetto che prima abbiamo richiamato, auspicare e aiutare affinché il trapasso necessario ad una assunzione non puramente materiale delle agevolazioni tecniche che vengono dall’occidente sia accompagnato da uno sforzo serio di riflessione storico-critica sulle proprie fonti religiose e teologiche cercando “quell’armonia tra la visione filosofica del mondo e la legge rivelata” (cf. L. Gardet, L’islam e i cristiani, Roma 1988, p. 114), che era già presente in alcuni dei filosofi arabi conosciuti e utilizzati da san Tommaso.
Dobbiamo adoperarci affinché i musulmani riescano a chiarire e a cogliere il significato e il valore della distinzione tra religione e società, fede e civiltà, islam politico e fede musulmana, mostrando che si possano vivere le esigenze di una religiosità personale e comunitaria in una società democratica e laica dove il pluralismo religioso viene rispettato e dove si stabilisce un clima di mutuo rispetto, di accoglienza e di dialogo. […]

Vi sono due posizioni errate da evitare e una posizione corretta da promuovere. Prima posizione errata: la noncuranza del fenomeno. Il limitarsi a pensare all’islam come a una costellazione remota che ci sfiora soltanto di passaggio o che ci tocca per problemi di assistenza, ma che non avrà impatto culturale e religioso nelle nostre comunità. Da tale posizione si scivola facilmente a sentimenti di disagio e quasi di rifiuto o di intolleranza. Seconda posizione errata: lo zelo disinformato. Si fa di ogni erba un fascio, si propugna l’uguaglianza di tutte le fedi senza rispettarle nella loro specificità, si offrono indiscriminatamente spazi di preghiera o addirittura luoghi di culto senza aver prima ponderato che cosa significhi questo per un corretto rapporto interreligioso. Al riguardo saranno necessarie norme precise e rigorose, anche per evitare di essere fraintesi. La posizione corretta è lo sforzo serio di conoscenza, la ricerca di strumenti e l’interrogazione di persone competenti. Penso, in particolare, ai casi molto difficili e spesso fallimentari dei matrimoni misti. Esistono ormai nell’ambito della diocesi persone di riferimento, corsi e specialisti che sono a disposizione. Un supplemento di cultura e di conoscenza in questo campo sarà necessario in avvenire, in particolare per i preti.

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Il testo completo del discorso del cardinal Carlo Maria Martini è leggibile al seguente link: http://www.cristianocattolico.it/rassegna-stampa-cattolica/speciali/noi-e-l-islam.html

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