SerbiaIva Mihailova
Nell’area dei Balcani il 2014 sarà ricordato anche per le tragiche alluvioni che hanno colpito vari Paesi, specialmente la Serbia e la Bosnia-Erzegovina. Disastri di cui non si aveva memoria per l’irruenza e la gravità degli esiti, con decine di vittime, interi villaggi e aree rurali sommerse dalle acque, migliaia di abitazioni inagibili, trasporti interrotti… Eppure, alla luce dei mesi trascorsi dalla “terribile primavera”, alcune testimonianze dirette mostrano che le comunità locali hanno saputo reagire, mettendo fra l’altro in luce un ruolo essenziale dei volontari e delle Caritas, e un concreto “ecumenismo solidale”.
“Da soli non ce l’avremmo fatta”. Ha 50 anni Zarko Kovacevic e abita a Mrdenovac, paesino vicino a Sabac, 90 chilometri a nord di Belgrado. Fa l’agricoltore e la terra e il bestiame hanno sempre assicurato a lui e alla famiglia di che vivere dignitosamente. Ma, racconta commosso, “l’acqua ha distrutto tutto in soli 15 minuti. Il fiume ha invaso il cortile e la casa e siamo dovuti fuggire immediatamente”. La famiglia Kovacevic rimane ospite da amici per diverse settimane, in attesa che l’acqua si ritiri. Poi, all’inizio di ottobre, cominciano a ricostruire la loro casa. “Grazie all’aiuto della Caritas ho avuto il materiale da costruzione – chiarisce l’agricoltore – e abbiamo ricevuto anche un aiuto dallo Stato, ma molto modesto”. Spiega che “da soli non ce l’avremmo fatta, l’unica entrata che abbiamo è la pensione, l’equivalente di 84 euro, di mia madre”. Non si tratta di un caso isolato, ovviamente. Mrdenovac è una zona molto povera, spesso ad aver lavoro è solo un membro della famiglia. Per loro l’intervento della Caritas ha rappresentato tantissimo, “anche perché – spiega Zarko Kovacevic – è arrivato quando nessun’altra organizzazione avrebbe potuto farlo”.
Il ruolo dei volontari. L’aiuto della Caritas ai colpiti dalle alluvioni nella provincia di Sabac ammonta a 400mila euro, mentre per l’intera Serbia la somma sale a più di 2 milioni di euro fino a questo momento. Dall’inizio dell’emergenza i volontari sono stati in prima linea distribuendo cibo, vestiti e coperte. Sono stati donati migliaia di pacchetti d’igiene, pompe di drenaggio, tonnellate di foraggio per animali. “Tra poco sarà terminato anche il progetto di ricostruzione delle case dei colpiti dalle alluvioni”, spiega a Sir Europa il coordinatore nazionale della Caritas Serbia Darko Tot. “La maggior parte degli sfollati – precisa – è rientrata nelle proprie case”. Con l’arrivo dell’inverno sono stati distribuiti materiali per il riscaldamento, stufe elettriche, frigoriferi e lavatrici. La situazione ora sembra sotto controllo.
La gratitudine degli ortodossi. “I cattolici nelle zone colpite sono stati pochissimi – chiarisce Tot -, per questo il 99% dei destinatari del nostro aiuto sono state famiglie ortodosse”. Un fatto che non è passato inosservato e in occasione della domenica della Caritas, a dicembre, il vescovo ortodosso di Sabac, Lavrentije Trifunovic, ha espresso “una grande gratitudine ai fratelli cattolici dai quali possiamo imparare molto nel servizio di carità per il prossimo”. E ha aggiunto: “Questo esempio di applicazione della fede nella vita ci spinge a imitarli e a non dimenticare i poveri”. All’evento hanno partecipato numerosi volontari della Caritas di Sabac, Valjevo, Krupanj e Belgrado, molti dei quali sono ortodossi. La solidarietà dei cattolici, espressa anche da Papa Francesco durante la recita dell’Angelus, è stata riconosciuta inoltre dal primo ministro Alexander Vucic e da diversi esponenti delle autorità statali e locali.
Ondata di solidarietà. “Abbiamo vissuto una grande tragedia che però ha scaturito un’immensa ondata di solidarietà”, ha affermato l’arcivescovo di Belgrado, monsignor Stanislav Hocevar. Il quale ha ricordato “non solo le difficoltà causate dalle calamità naturali ma soprattutto l’importanza dell’aiuto reciproco che si è manifestato nella veloce e organizzata assistenza ai bisognosi”. Secondo il presule “la carità di Cristo ha spinto a non rimanere cechi e sordi di fronte ai bisogni degli altri” e a “cercare l’unità nella diversità con i fratelli delle altre confessioni, come accade nella Santa trinità”.
Insieme si può fare di più. Per fronteggiare l’emergenza post-alluvione è stata creata una sinergia tra le autorità statali, diverse organizzazioni non governative, la Chiesa ortodossa, la Chiesa cattolica e i Paesi donatori. Anche secondo il direttore di Caritas Sabac, Miroljub Nikolic, “quando le Chiese collaborano, possono fare di più”. “Nell’aiuto ai bisognosi si vede concretamente che cosa possiamo fare quando siamo uniti”, afferma Nikolic.
Progetti per il futuro. In primavera partirà il nuovo progetto della Caritas Serbia per il rilancio dell’agricoltura, occupazione primaria della maggior parte dei colpiti dalle alluvioni. “Includeremo anche sussidi per l’allevamento di animali e per la ricostruzione di piccole imprese familiari, perché c’è chi faceva il falegname o il calzolaio e senza gli impianti non può più esercitare il proprio mestiere”, spiega Darko Tot. Speciale attenzione sarà riservata al programma destinato alla riduzione del rischio di calamità naturali.

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