cardinali entrataDa Zenit di Salvatore Cernuzio

Rileggendo l’elenco di nomi dei nuovi cardinali del Concistoro del 14 febbraio, annunciati oggi da Papa Francesco durante l’Angelus, l’aspetto che spicca più di ogni altro è indubbiamente quello della “universalità”.

I 15 cardinali elettori in caso di Conclave rappresentano infatti ben 14 paesi diversi, abbracciando zone remote del globo come le Isole di Tonga, la Nuova Zelanda, l’Arcipelago di Cabo Verde, il Vietnam, la Thailandia e il Myanmar, solo per citarne alcuni. Paesi, questi, che non avevano mai avuto un cardinale o che contano comunità ecclesiali sicuramente minoritarie. Paesi, spesso, travagliati da violenze e povertà.

D’altronde quando il Papa da poco eletto auspicava una ‘Chiesa in uscita’ che andasse verso le ‘periferie del mondo’, diceva sul serio. E quindi per l’organigramma della sua Chiesa è andato a scegliere pastori del mondo, rompendo – come già nel suo primo Concistoro del 22 febbraio 2014 – ogni schema o secolare tradizione non scritta secondo cui il cardinalato era considerato quasi “automatico” per alcuni luoghi.

Il Papa, infatti, ha bypassato ancora una volta storiche sedi cardinalizie come, ad esempio, Torino (con mons. Nosiglia) e Venezia (con mons. Moraglia), dando invece la precedenza a vescovi diocesani e arcivescovi di zone del sud del mondo o dell’Asia che in passato non hanno mai visto una porpora.

Sono nove, queste, per l’esattezza: David, Montevideo, Valladolid, Morelia, Tonga, Santiago de Cabo Verde, Yangon, Ancona e Agrigento. Senza andare troppo lontano, anche le due sedi italiane risultano del tutto inedite. I due presuli mons. Edoardo Menichelli (Ancona), e mons. Francesco Montenegro (Agrigento), sono gli unici due vescovi nostrani della lista. Senza considerare che tra i cinque vescovi emeriti, creati cardinali ma che non entreranno in Conclave per aver superato la soglia degli 80 anni, è presente anche l’anziano Luigi De Magistris, sardo, già pro penitenziere.

Lo stesso Menichelli, “don Edoardo” come preferisce farsi chiamare, non si aspettava tale nomina e a dargli la notizia – secondo quanto riferito da diverse agenzie – è stato un suo amico che ascoltava l’Angelus in diretta tv. “Mi prendi in giro?”, avrebbe replicato il 75 enne futuro porporato, scoppiando poi in lacrime per l’emozione.

E se già con Menichelli qualche sentore ci poteva essere, dopo il suo invito per nomina pontificia al recente Sinodo, del tutto inaspettata era invece la porpora per mons. Montenegro, il ‘vescovo dei migranti’, che i giovani con cui trascorre il tempo tra campi scuola e attività pastorali chiamano semplicemente ‘Franco’. Ex presidente della Caritas italiana, il presule è attualmente a capo della Fondazione “Migrantes” promossa dalla CEI, oltre che responsabile pastorale anche del territorio di Lampedusa, prima tappa delle visite pastorali di Bergoglio in Italia, l’8 luglio 2013.

Entrambi uomini semplici, ‘preti di strada’ come piacciono a Francesco. E questo sembra essere il criterio che lega le diverse nomine. Anche per gli ‘emeriti’ il Pontefice ha infatti scelto personalità che si sono distinte “per la loro carità pastorale nel servizio alla Santa Sede e alla Chiesa”, testimoni “di amore a Cristo e al popolo di Dio” nelle Chiese locali, come nella Curia o nel servizio diplomatico.

Nell’ottica di Papa Francesco, dunque, “la nomina cardinalizia – ha sottolineato padre Lombardi in una nota diffusa oggi – vuole essere un riconoscimento dato simbolicamente ad alcuni, ma riconoscendo i meriti di tutti”.

Paradossalmente, il nome che risulta essere più fuori dal coro è proprio quello di mons. Dominique Mamberti, l’unico ‘curiale’ tra le 20 future berrette rosse, ex Segretario per i Rapporti con gli Stati (ovvero il ‘ministro degli Esteri’ vaticano), nuovo Prefetto della Segnatura apostolica al posto del cardinale Burke. Il presule francese, infatti, ricopriva senza porpora l’unico incarico nei Dicasteri della Santa Sede che prevede il cardinalato, come stabilito dalla costituzione apostolica «Pastor Bonus» di Giovanni Paolo II.

Oltre a Mamberti, a febbraio non ci sarà nessuna porpora quindi per i presidenti di altri Pontifici Consigli, tra l’altro destinati a essere accorparti nella riforma della Curia di cui il Collegio cardinalizio discuterà proprio qualche giorno dopo il Concistoro.

“Si nota il fatto che vi sia un solo nuovo Cardinale della Curia romana, mentre attualmente i cardinali ‘romani’ sono circa un quarto degli elettori”, ha commentato padre Lombardi, aggiungendo: “Evidentemente il Papa intende considerare compiti cardinalizi quelli dei Prefetti delle Congregazioni e di poche altre istituzioni importantissime della Curia, come in questo caso il Tribunale della Segnatura”.

Rifancendo il calcolo, quindi, dopo il Concistoro di febbraio il Collegio Cardinalizio sarà composto da 228 porporati, salvo variazioni nelle prossime settimane. Di questi 125 sono porporati elettori (34 creati da Giovanni Paolo II, 60 da Benedetto XVI e 39 da Francesco) e 103 non elettori (tra cui il cardinale Giovanni Lajolo che proprio ieri, 3 gennaio, ha compiuto 80 anni).

“Rispetto al numero di 120 elettori – ha spiegato ancora il direttore della Sala Stampa vaticana – vi erano 12 posti ‘liberi’ nel Collegio oggi o nei prossimi mesi. Il Papa ha superato leggermente questo numero, ma si è mantenuto molto vicino ad esso, cosicché esso è sostanzialmente rispettato”.

Infine da annotare che nel nuovo elenco sono presenti il cardinale più giovane e il più anziano tra i membri del Collegio: il primo è l’arcivescovo di Tonga, mons. Patita Paini Mafi, nato nel 1961; il secondo l’emerito di Manizales, mons. Pimiento Rodríguez del 1919.

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