Il colore prima del blu


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Leggo il giornale locale. Nel porto peschereccio hanno rinvenuto un ordigno bellico risalente alla prima guerra mondiale. Dovrà essere rimosso e fatto brillare. Verranno apposite squadre di artificieri e una imbarcazione speciale della marina militare. Non c’è nessun pericolo per la popolazione, ma per precauzione si dovrà evacuare la zona. Esco a fare un giro in bici. In paese il chiacchiericcio è più intenso del solito. Il Sindaco è in piazza e tutti sono intorno a lui per avere informazioni dettagliate sulla notizia. Sergio il barcaiolo, lui che le ha fatte le guerre, si lascia trasportare dai ricordi insieme agli altri vecchi del paese. A quei tempi c’era solo il porticciolo qui, e quattro case. Le donne ricucivano le reti e aspettavano i marinai. Poi è arrivata la guerra e con le mani alzate verso il cielo pregavano e aspettavano i morti.

Incontro don Piero che passeggia lungo il molo con un libricino in mano. Di tanto in tanto alza la testa per guardare dove mettere i piedi. Si ferma, prende un fazzoletto da sotto la tonaca nera. Sembra che si stia asciugando le lacrime. Il mare, davanti a lui, scivola sotto una luce arancione e brilla di riflessi, come un vestito regale. L’alba è il miglior sarto del nostro paese, penso. Mi affianco con la bici e lo saluto. La sua voce è malinconica. Mi chiede cosa ci faccio in piedi così presto, che a quest’ora neanche i gabbiani sono ancora in volo.

Non rispondo e allora lui mi dice con un sorriso strozzato, quasi pentito di aver tradito la sua malinconia: ‹‹Ti sei forse innamorato?››
Cambio discorso e prendo a parlare della bomba. Don Piero non sembra interessato alla notizia: «In questo paese ci sono cose più importanti di una bomba, ma la paura fa vivere nel silenzio.»
‹‹E tu hai paura?››
‹‹Perché dovrei averne?››
Fa un sospiro Don Piero, abbassa lo sguardo e si gratta la testa, poi continua: «Se un giorno mi porrò questa domanda: “chi me lo ha fatto fare?” allora saprò di aver fatto qualcosa di importante e avrò il diritto di aver paura.»
Non afferro bene il senso delle sue parole.
«Qualcosa di importante per chi?» chiedo.
Don Piero non risponde, allora riprendo a parlare della notizia del giorno. Gli dico che mio padre non aveva paura di nulla e se fosse ancora vivo sarebbe salito su quella imbarcazione speciale di cui parla il giornale e avrebbe fatto sicuramente un servizio fotografico. O forse avrebbe preso in prestito la barca da Sergio il barcaiolo e si sarebbe avvicinato talmente tanto da rischiare la vita. A questo punto don Piero distoglie lo sguardo dal suo libricino, si ferma e mi guarda negli occhi.
‹‹Qui in paese non ci sono più uomini che rischierebbero la vita per un sogno, come tuo padre.››
A pranzo il signor Alfredo è nervoso. Non ha voglia di parlare della bomba.
‹‹Per una bomba tutta questa agitazione? Non si pensa ad altro ormai. Stai a vedere che ci toccherà anche chiudere il ristorante, ché faranno evacuare la zona.›› Marta pulisce il pesce mentre ascolta il marito. Io non mi intrometto, ma mi dispiace perché avrei voluto parlarne, invece.
‹‹Porterà cose nuove questo evento. Come ogni fatto inaspettato, che porta sempre altre novità con sé,›› dice Marta.
‹‹Non porterà nulla di buono, invece, solo scocciature. Ma a voi piace vivere di queste cose perché non avete altro a cui pensare!›› urla dalla sala il signor Alfredo.
‹‹Eh no!›› esplode Marta agitata e in lacrime, ‹‹sei tu che ormai non ti aspetti più nulla dalla vita. Non ti interessi di niente e ti sei chiuso nel tuo lavoro per paura di alzare la testa e scoprire che là fuori c’è un mondo intero che vive anche senza di te!›› Marta sbatte la spigola sul tavolo e se ne va.

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