jonssonDi Sara Numico

La politica svedese è in crisi dopo nemmeno due mesi di governo: si tornerà a votare il prossimo 22 marzo. Non succedeva dal 1958. A decretare la fine del governo del socialdemocratico Stefan Löfven è stata la bocciatura in Parlamento della legge finanziaria, perché il partito dei Democratici svedesi (Sd), di matrice nazionalista, ha votato insieme all’opposizione, contestando in realtà le decisioni del governo Löfven in materia d’immigrazione e sistema scolastico. Nessuno, né a destra, né a sinistra, voleva allearsi con gli Sd, terzo partito alle elezioni di settembre (13%). Quasi una vendetta, la loro, una dimostrazione di forza. Il futuro politico è “completamente aperto”, commenta Ulf Jonsson, filosofo dell’istituto universitario Newman di Uppsala, di matrice cattolica. Anche perché “la differenza tra i due blocchi politici”, socialisti e verdi da una parte e liberali e conservatori dall’altra, “è davvero piccola”. Molto dipenderà “dall’atteggiamento del partito nazionalista”. Il Consiglio delle Chiese, intanto, ha proposto ai cristiani una preghiera per la situazione e per i leader politici: “È il nostro compito; siamo in una situazione veramente anormale e instabile, come rarissimamente nella nostra storia”, commenta Jonsson.

Come mai il voto dei 49 parlamentari del partito dei Democratici svedesi ha fatto cadere il governo?

“Hanno sfruttato le complesse regole di voto del Riksdag per bloccare la politica finanziaria del governo. Inoltre così tanti partiti nel parlamento (8 in tutto) rappresentano una situazione anormale per la Svezia. E poi nessun partito è stato disposto a negoziare con i nazionalisti, così essi hanno usato ogni mezzo per influenzare la politica”.

Il premier Löfven avrebbe potuto evitare la crisi?
“Avrebbe avuto la possibilità, se avesse ottenuto l’appoggio dei conservatori e dei liberali, che erano parte dell’Alleanza del governo precedente, e negoziare il bilancio con loro; ma questi due partiti dell’Alleanza non sono stati disposti a rompere lo schieramento del governo precedente. Subito dopo le elezioni di settembre, tutti concordavano sull’analisi di un percorso molto difficile per il nuovo governo”.

Che cosa potrà cambiare nella nuova campagna elettorale?

“È difficile da valutare. Alcuni commentatori sostengono che le elezioni di marzo porteranno allo stesso risultato, ma l’elettorato è molto instabile. Un recente sondaggio ha mostrato che un terzo dei votanti è ancora indeciso e questo 30% può portare a cambiamenti significativi. I nazionalisti nelle ultime elezioni avevano attirato molti voti dal partito conservatore (calato del 6,7%). Ora però i conservatori cercheranno di riguadagnare quei voti e non è una cosa impossibile”.

Intanto però sta crescendo la popolarità del partito nazionalista…

“Si, sono cresciuti molto nell’arco di pochi anni. Il movimento nazionalista è sempre stato molto piccolo in Svezia. La rapidità di questa evoluzione lo rende però anche instabile”.

Il tema più controverso è davvero l’immigrazione?

“In effetti è diventato il grande tema del dibattito, anche perché i Sd lo hanno reso il loro tema, criticando il fatto che i partiti in parlamento lo discutono più come una questione pragmatica che come un problema dai molti risvolti. Ora però il partito moderato ha designato un nuovo leader, Anna Kinberg Batra, che se eletta dal partito a gennaio, succederà all’ex-primo ministro Fredrik Reinfeldt. Batra ha subito precisato che vuole discutere il tema dell’immigrazione anche rispetto ai temi culturali, dell’integrazione e della coesione sociale”.

Non ci sono altri temi nel dibattito politico?
“Un tema molto caldo è quello dell’istruzione e della riforma del sistema scolastico e dell’educazione superiore: il nostro sistema scolastico è diventato molto debole. Un altro nodo è tutto il sistema sanitario e la cura degli anziani”.

Che cosa dicono le Chiese riguardo alla situazione?

“Le chiese hanno un ruolo marginale, perché la Svezia è un Paese molto secolarizzato. Il loro posto è relegato nelle iniziative caritative, attraverso le organizzazioni che si occupano delle persone in difficoltà. La Chiesa luterana, che fino al 2000 era Chiesa di Stato, e a cui formalmente appartiene il 70% della popolazione, è impegnata in tanti ambiti sociali. Ma non appartiene alla tradizione svedese che le chiese si pronuncino nel dibattito politico”.

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