Di Tribotti Stefania

CENTOBUCHI – I giovani del nostro tempo sono certamente legati ad un contesto socio culturale che non li facilita nel compito di diventare maturi, in una società come la nostra che coltiva il dubbio e il cinismo, la paura e l’impotenza, alcuni di essi hanno difficoltà ad individuare, pur cercandole, le ragioni di vita su cui costruire la loro esistenza.
Nonostante tutto, i giovani rimangono una risorsa inestimabile per la società, per la Chiesa e per ogni comunità ecclesiale e non è giusto né fruttuoso assumere nei loro confronti, come fanno molti, la postura di profeti di sventura.
Proprio a noi, come comunità di credenti, è chiesto di assumere un nuovo atteggiamento nei confronti di questa importante porzione della Chiesa e per questo fondamentale motivo, anche nella nostra parrocchia, Regina Pacis, ci siamo adoperati da qualche tempo per tentare di attivare percorsi di maturazione umana e di fede con e per i nostri giovani.
Ci siamo interrogati su come coinvolgere quei tanti ragazzi che – con nostra grande gioia – rispondono con entusiasmo ad alcune iniziative, come campi-scuola, uscite o esperienze di educazione alla fede più creative e meno aderenti alla struttura classica dell’incontro di catechismo.
Per questo abbiamo cercato di dare continuità a tale interesse intercettando una loro implicita richiesta di rinnovamento.
Così abbiamo deciso di fare un’esperienza formativa con l’equipe di Creativ ( un network europeo che dal 1994 si occupa di formazione in ambito ecclesiale) attraverso una giornata di formazione, tenutasi sabato 4 ottobre nella nostra parrocchia, che ha visto coinvolti un buon numero di educatori di varie parrocchie della Diocesi.
In questa occasione abbiamo conosciuto i principi metodologici della proposta Creativ e gli strumenti necessari per avviare il percorso dei “laboratori della fede”.

Abbiamo colto che questi itinerari di evangelizzazione rivolti ai ragazzi e ai giovani, attraverso la metodica dei “laboratori”, fosse un’ottima possibilità anche per noi educatori, una sfida che ci avrebbe “ scomodato” in quanto nuova e inusuale.
Si tratta di puntare ad un’integrazione forte tra fede e vita, in modo che secondo il mistero dell’Incarnazione, ciò che è profondamente umano è, allo stesso tempo, profondamente divino e spirituale. Comunque….abbiamo iniziato, credendo fermamente che i ragazzi vadano incontrati nel punto in cui si trovano e necessitino di essere accompagnati con gradualità.
I laboratori della fede intendono accompagnare i ragazzi non solo attraverso l’ascolto e il confronto con la Parola di Dio, ma anche per mezzo di una progressiva appropriazione dei contenuti della fede tramite un’impresa comune da realizzare in un tempo dilatato.
Abbiamo scelto, in questa prima fase, di seguire un’impresa denominata Heaven’s Kitchen,. Essa è pensata come una gara tra squadre di cuochi il cui obbiettivo è quello di diventare, attraverso varie tappe, un team affiatato per realizzare una sfida “all’ultima portata”: progettare e realizzare una cena da offrire ad un nutrito e significativo gruppo di ospiti, alla presenza di una giuria che valuterà non solo la prelibatezza dei piatti ma ogni aspetto, tecnico, umano, organizzativo della competizione vissuta dal gruppo.
I ragazzi che prendono parte all’impresa (di età compresa tra i 16 e i 22 anni) stanno lavorando, ormai da più di un mese, per presentare un menù condiviso, per fare la spesa con un budget assegnato, per imparare a cucinare e servire ai tavoli.
Essi vengono aiutati a sperimentare, attraverso varie tappe, che il cammino di fede è la vita stessa, vissuta quotidianamente nello stile del Vangelo, a porsi come protagonisti del proprio futuro attraverso la collaborazione reciproca, a rendersi consapevoli dell’importanza del lavoro di squadra, a fronteggiare quelle dinamiche dispersive che non aiutano a lavorare insieme, a recepire stimoli dal confronto con adulti competenti e significativi, a sentire il supporto e la stima della comunità credente di cui fanno parte, a scoprire che l’allegria, lo stare insieme e la condivisione della gioia in nome di Gesù sono già un’ esperienza ecclesiale e di fede.
Questo itinerario che abbiamo iniziato da diverse settimane, sta riscuotendo entusiasmo e consenso in molti di loro. È molto importante considerare il metodo che usiamo in questo laboratorio già come un messaggio e non eluderlo ritenendo solo importante l’obiettivo da raggiungere o il solo contenuto.

La proposta di evangelizzazione che stiamo sperimentando sia uno stimolo grande per tutti, giovani e adulti assieme.
Stimolo affinché ascoltiamo, finalmente, le domande dei giovani e ci lasciamo provocare da esse; stimolo a integrare, noi per primi, fede e vita e a proporci come testimoni credibili e impegnati; stimolo a camminare insieme e a prenderci cura dei giovani e non solo a indicarli come una “generazione persa”; stimolo a costruire insieme a loro una comunità che sia allo stesso tempo campo base e trampolino di lancio; stimolo per ritrovare l’impegno meraviglioso del compito educativo che i giovani hanno come diritto (e si aspettano più di quanto ci immaginiamo) e che noi dobbiamo assumere responsabilmente per non smettere mai di lavorare per diffondere i valori del Vangelo.

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