Una prova di coraggio e di senso civico è quella che è stata data da quei cristiani che a centinaia, ieri, hanno manifestano nel distretto di Kasur, in Pakistan, per chiedere giustizia per i due coniugi cristiani uccisi lo scorso 4 novembre e per invocare l’abrogazione della legge sulla blasfemia. “Il governo ha il dovere di proteggere il diritto alla vita e alla proprietà dei suoi cittadini” ha spiegato all’agenzia Fides l’avvocato Sardar Mushtaq Gill, difensore dei diritti umani, presente alla manifestazione.

La vicenda di Shahzad Masih e Shama Bibi, i due giovani sposi arsi vivi in una fornace da una folla inferocita di musulmani che li accusava di blasfemia, ha scosso l’opinione pubblica non solo in Pakistan e ha risollevato il dramma del sistema di giustizia nel Paese. “La polizia non è riuscita a salvare i due coniugi: spesso gli agenti dicono di non poter salvare l’accusato di blasfemia se è un cristiano” spiega Gill. “I cristiani non saranno mai al sicuro finché questa legge è in vigore. Questa legge rappresenta una grave violazione dei diritti umani e dovrebbe essere abrogata immediatamente” prosegue.

Di qui l’appello dell’avvocato alla comunità internazionale “Chiediamo che la comunità internazionale svolga un ruolo costruttivo ed efficace in questo”. Gill sottolinea poi che i cristiani vengono spesso trattati come “schiavi”, senza stipendio, presso i grandi forni per la fabbricazione di mattoni di argilla. Succede infatti che, quando si contraggono dei debiti con datori di lavoro, essi vengano pagati con anni di lavoro senza salario. La presenza di alti tassi d’interesse, perpetua questa forma di schiavismo per generazioni, poiché il debito non riesce ad essere evaso dai genitori che sono così costretti a farlo ricadere sui figli. La richiesta dei cristiani è questa pratica illegale e disumana venga stroncata.

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