Paolo Annibali

 

 

Di Floriana Palestini

DIOCESI – Fuori è un cielo strano, c’è sole e tira vento.
Siamo in Ancona e ci siamo addentrati nella Mole Vanvitelliana, che ospita il Museo Tattile Statale Omero. Al piano superiore del museo, trova spazio una mostra che ha del magico; si capisce subito che c’è qualcosa di grande dietro. Dopo poco quel qualcosa arriva, o meglio, qualcuno: è l’artista, lo scultore, il padrone di quelle mani semplici capaci di una forza che oltrepassa i confini dell’ordinario e arriva direttamente al tuo cuore, passando gli angoli più bui di un bianco laboratorio in collina e rimbalzando su una vecchia scrivania piena di schizzi e disegni. Paolo Annibali ha raggiunto noi e un altro gruppo di amici per permetterci di visitare e comprendere al meglio la mostra da lui allestita: il percorso comincia da una sua fotografia che lo ritrae a braccia conserte mentre squadra l’obiettivo, circondato da alcuni suoi disegni. Accanto, un telaio in acciaio costituisce il vero e proprio ingresso alla mostra, quasi come il pronaos di un tempio greco (la parte antistante la cella del dio), con la differenza che questa struttura non risolve alcuna questione statica. Il “nulla” è il fil rouge che scorre dietro alle opere: lo stesso Annibali ha definito “monumento al nulla” il corpo di statue realizzate come per ricostruire il frontone di un antico tempio e nulla è la struttura che fa loro da sfondo. La Tuke, dea del destino, è la figura centrale ed è addormentata, totalmente disinteressata della vita dell’uomo; a destra, la Veronica ha tra le mani un telo macchiato del sangue di Cristo, che indica con il dito: è il momento in cui la donna ha capito che la sua vita non sarebbe stata più la stessa, dopo aver visto tanta bellezza e dolore mischiati insieme.

Alla mostra si aggiungono altre 16 statue e 21 disegni a china realizzati negli ultimi tre anni. Il mare, protagonista e sfondo di molti suoi disegni, l’artista se lo porta dentro, perché è guardando l’orizzonte che percepiamo l’infinito, lo stesso infinito che talvolta si arresta di fronte alle sue mani, segnate dall’artrosi ma mai incapaci di esprimersi, “è il saper fare nonostante la malattia”, dice poi Annibali. In un autoritratto, egli si mette a nudo nella sua imperfezione, riportando ogni singola piega della pelle come in un rito catartico.

Paolo Annibali è stato da poco nominato membro della Commissione diocesana per l’Arte Sacra e i Beni Culturali ed è docente di Arte al liceo scientifico di San Benedetto del Tronto. Ha lavorato in tutta Italia, da Gorizia a Rieti; tra le sue numerose opere ricordiamo la Porta della Misericordia per la Chiesa di San Filippo Neri in San Benedetto del Tronto, 1997; la Porta dello Spirito Santo per la Chiesa di San Pio X in San Benedetto del Tronto, 1998; “il mare, il ritorno”, monumento ai caduti del mare nel porto di San Benedetto del Tronto, 2002; la statua di San Giuseppe da Copertino per il monastero della S. Speranza di San Benedetto del Tronto, 2002; il monumento “I Sognatori” per piazza Matteotti, San Benedetto del Tronto, 2009-2010; la porta in bronzo per il Santuario di San Gabriele a Isola del Gran Sasso (TE), 2014.

La mostra “Dirà l’argilla: la mano, la terra, il sacro” è promossa dal Museo Tattile Statale Omero e potrà essere visitata fino al 15 febbraio 2015.

Per maggiori informazioni: www.museoomero.it

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