Intervista Padre Italo

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Padre Italo Scoccia è da un mese uno dei rappresentanti dei Missionari Comboniani. 64enne marchigiano natìo di Ripe San Ginesio (Macerata), ha recentemente visitato la nostra Diocesi.

Lo abbiamo incontrato a San Benedetto nella sede di Via Pizzi dell’Ufficio Missionario Diocesano, in cui ci ha spiegato non solo la sua attività missionaria, ma le difficoltà di contesti difficili come il Sud Sudan, neonata realtà statale del nostro Mondo.

Padre Italo come è nata questa vocazione, dapprima in Perù e poi in una neonata nazione dell’Africa, il Sud Sudan?
“Fin da piccolo desideravo essere missionario e un primo ricordo lo avevo all’età di otto anni, quando ho fatto piangere mamma perché le dissi che volevo essere un missionario in Africa. Non ho potuto mai togliere dal mio cuore questo desiderio, la cosa più bella che poteva succedere. In quel tempo non si poteva partire se non si era sacerdoti o religiosi, per cui entrai in seminario, prima dai salesiani, poi nella Diocesi per poter partire, per poter andare in missione. La prima occasione che ho avuto fu dare il cambio a un sacerdote fidei donum che ritornava da Lima. La Diocesi di Camerino aveva tre sacerdoti in una periferia poverissima della città di Lima e uno dopo nove anni aveva chiesto di fare il cambio e io ho preso al volo questa occasione e sono stati gli anni più belli della mia vita, dodici anni tra la gente semplice e povera che però accoglie il Vangelo e da frutti di solidarietà e di vita Cristiana insomma. Quando è morto mio padre, mia mamma è rimasta sola e sono ritornato in Diocesi e adesso che anche mamma se n’è andata, vorrei dedicare il tempo e la vita che il Signore mi dà a questa salute per andare in Africa finalmente e compiere il grande desiderio della mia infanzia”.

A tal proposito, qual è il suo ruolo all’interno dei Padri Comboniani?
“Sono appena nato come Comboniano, ho fatto i voti un mese fa (una settimana fa al tempo delle riprese, ndr.) è mio desiderio andare in Sud Sudan. Ci sono stato solo un mese l’anno scorso prima che cominciasse la guerra, in una missione nel nord di questa Nazione, la più giovane della Terra e anche la più povera con tante difficoltà per poter costruire la propria storia. Io vado per essere presenza di una Chiesa che cerca di aiutare il popolo a vivere nella pace e ad essere protagonista perché questo è l’ideale dei Comboniani, da San Daniele Comboni, “salvare l’Africa con l’Africa”.

Come ha visto l’aspetto evangelico in quest’esperienza?
Mi ha sorpreso come i comboniani s’inseriscono e lavorano con la povera gente come il Vangelo è annunciato ai poveri e come questo crea comunione, crea speranza con piccoli segni, piccole strutture, piccole iniziative come la scuola di educazione all’agricoltura e all’allevamento. Sono segni di speranza, piccole cose, perché poi la gente stessa possa progredire e organizzarsi, è cosi”.

Il Sud Sudan è una neonata realtà statale al 70% popolata da Cristiani e vi sono state delle persecuzioni. Cosa ha tratto dalla Sua esperienza?
“Le gravi situazioni (1 milione di profughi, 10000 morti, ndr.) hanno creato una grande tensione tra la gente e un grande disordine. Anche la nostra missione dove ero stato l’anno scorso, è stata saccheggiata e bruciata. Si pensa ad una presenza più semplice, più a basso profilo, dove il protagonismo sia più direttamente affidato alla gente del posto”

Come si può evangelizzare quest’area piena di tante difficoltà?
” E’ quella che suggeriva il nostro fondatore San Daniele Comboni che quando non era in Africa faceva animazione missionaria qui in Europa e andava in Francia, in Germania, in tante parti chiedendo preghiera per la missione più difficile del mondo, così s’esprimeva Daniele Comboni. Il Centro Africa è un territorio inospitale. Ci sono tante difficoltà climatiche per la salute, per la stessa indole dei popoli che sono popoli guerrieri, quindi la preghiera è la cosa più importante, noi non siamo all’altezza di questo compito. Diceva Comboni che questa missione è di tutta la Chiesa, è arrivato il momento della redenzione dell’Africa Centrale e allora tutta la Chiesa deve unire le forze perché collaborassero per l’evangelizzazione di quest’area”.

Qual sarà il suo futuro missionario?
“Se sarò mandato nel Sudan del sud voglio dedicare la mia vita per i più poveri insieme con loro e facendomi povero con loro”.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

1 commento

  • Gabriella
    16/09/2015 alle 10:00

    Padre Comboni è il santo che mi ha insegnato ad amare, servire i fratelli africani oppressi dai mali più gravi contrari all'amore di Dio e alla dignità dell'uomo. Con Padre Renato Bresciani ho lottato nel nome di Cristo per la pace nel Sud Sudan, perchè ogni uomo fosse libero

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *