CristiadaMaribé Ruscica

In tempi in cui le violenze contro i cristiani del Medio Oriente ci rinnovano l’immagine degli autentici martiri della fede, il film “Cristiada” – dal 15 ottobre nelle sale cinematografiche italiane – non poteva passare inosservato. La rivolta dei cattolici nel Messico degli anni Venti, i cosiddetti “Cristeros”, e la loro feroce repressione ad opera dell’esercito del presidente Plutarco Elìas Calles, narrate nel film diretto da Dean Wright (sottotitolato “For Greater Glory”), rappresenta una pagina quasi nascosta tra gli orrori della storia.
Dopo un pienone inatteso alla “prima” italiana organizzata a Milano, il film sulla persecuzione dei cattolici in Messico e la “Guerra dei Cristeros”, di cui molti non avevano mai sentito parlare, è divenuto, secondo l’opinione di tanti che l’hanno visto, “una pellicola da far vedere nelle scuole”.
Interpretato da famosi attori hollywoodiani come l’esiliato cubano Andy Garcìa (nei panni del generale Enrique Gorostieta Velarde, il militare che guida la rivolta dei cristiani), Eva Longoria, Peter O’Toole, Anacleto Gonzalez Flores e il cantautore di Panama Ruben Blades, nei panni del presidente del Messico che ha perseguitato i cattolici che rappresentavano il 95% della popolazione messicana.
Al produttore messicano José Pablo Barroso, il settimanale italiano “Tempi” – che ha dedicato al film la sua copertina – ha chiesto perché ha finanziato questo film. “Io spero – è stata la risposta – che la gente esca dalle sale con la percezione di aver visto un ottimo film, ma anche con la consapevolezza che bisogna combattere per ciò in cui si crede. L’uomo ha la memoria corta e si dimentica di quanto successo in passato.
Oggi la fede è di nuovo in pericolo e non solo in Iraq.
Anche negli Stati Uniti si cerca di imporre un pensiero unico dicendo alla gente cosa pensare e ciò in cui credere.

Penso al valore della vita. Io spero che la gente impari a battersi come i Cristeros, che hanno difeso la loro fede al grido di ‘Viva Cristo Re’. Solo così quanto successo in Messico non si ripeterà più”.
È questo il grande merito di “Cristiada”: narrare un evento altrimenti “dimenticato” come la rivoluzione dei cattolici contro il governo messicano del presidente Plutarco Elìas Calles, detto “El Turco” e ritenuto un rivoluzionario filosovietico legato alle logge massoniche. Nel 1914 l’esecutivo aveva cominciato a perseguitare il clero e a limitare i riti, ma fu nel 1926 che la repressione del Governo ebbe il suo apice. Calles fece espellere i sacerdoti nati all’estero, chiuse le scuole, gli ospedali e gli ospizi e fece deportare i seminaristi cristiani, abolì molte diocesi e bandì ogni manifestazione pubblica della fede, persino il segno della croce. Nei tre anni successivi, ebbe luogo la cosiddetta “Guerra dei Cristeros”. Equipaggiati più di rastrelli che di fucili, armati di pistole e croci, un gruppo di sacerdoti e laici, tra cui molti contadini e indigeni, crearono la “Lega nazionale per la difesa religiosa” e tentarono invano di arrivare ad un accordo con il presidente e con l’esercito: non per imporre un altro regime e sostituire il governo, ma per poter continuare a professare pubblicamente la loro fede. Quando nel 1929 si arrivò a un accordo per il cessate il fuoco, i Cristeros – in obbedienza alla Chiesa di Roma – deposero le armi, ma il governo, invece di amnistiarli li assassinò, impiccandoli ai pali della luce. Si parla di 90mila morti.
Tra i protagonisti del film, un giovane ragazzo nei panni del martire Jose Luis Sanchez del Rìo, il portabandiera dei Cristeros che, a soli 14 anni, fu catturato e ucciso il 10 febbraio 1928 e che Papa Benedetto XVI ha poi beatificato nel 2005. E tra le frasi da ricordare, quella del vecchio sacerdote che prima di essere fucilato dall’esercito del presidente Calles, dice: “Chi sei se non combatti per ciò in cui credi?”. Dopo il caso a “Iguala”, i messicani dovranno decidersi a lottare per le libertà carenti e chiedere giustizia per gli studenti scomparsi della Scuola normale rurale di Ayotzinapa.

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