DilmaDi Patrizia Caiffa

Una vittoria sul filo di lana, con un Paese quasi spaccato in due e ancora tanti problemi: violenza, povertà, corruzione, scuola e sanità poco efficienti, ingiustizie sociali. Questo è il Brasile del secondo mandato della presidente brasiliana Dilma Rousseff, del Partito dei lavoratori (Pt) rieletta domenica 26 ottobre con il 51,64% dei voti, pari a 54.498.042 voti. L’erede di Lula governerà altri quattro anni. Il suo sfidante, il conservatore Aecio Neves, ha ottenuto il 48,36%, ossia 51.040.588 preferenze. “Sono disposta al dialogo e questo sarò il mio primo impegno di questo secondo mandato: dialogare”. Questa è stata la prima dichiarazione della Rousseff all’avversario. “Governerò in maniera pacifica e democratica”’, ha aggiunto, dimostrando una volontà di costruire ponti con l’opposizione.

Sfide non facili. La campagna elettorale non è stata facile per gli scandali legati alla corruzione e lo scambio di accuse tra i candidati. Dilma – in Brasile la chiamano per nome – sa che le sfide che dovrà affrontare non saranno facili, anche perché il Paese è entrato in recessione e nel 2013 ha dovuto affrontare dure proteste popolari a causa dei tanti soldi spesi nella costruzione degli stadi per i Mondiali di calcio. E anche le Olimpiadi previste tra due anni non sono così ben viste dalla popolazione. La gente vorrebbe maggiori investimenti in scuole, ospedali, progetti sociali, nonostante da Lula in poi, tutti governi progressisti, una buona fetta di brasiliani – secondo le stime ufficiali circa 36 milioni – siano riusciti a uscire dalla povertà estrema grazie a progetti come “Fame zero” e attualmente “Borsa famiglia”, che garantisce sussidi alle famiglie più povere. Il ceto medio è cresciuto e consuma più del necessario indebitandosi, ma le città non sono vivibili, a causa della criminalità – il Brasile è il quinto Paese più violento del mondo, con 56mila omicidi l’anno – e degli estremi contrasti tra ricchi che vivono blindati e poveri che faticano a sopravvivere dignitosamente nelle favelas. Nelle zone rurali ancora non risolto è il problema della terra e della riforma agraria. Non mancano poi enormi discriminazioni tra afrobrasiliani e indigeni e bianchi.

“La gente è comunque piena di speranza”. “La rielezione di Dilma non è stata facile – commenta al Sir padre Claudio Pighin, missionario del Pime e direttore della pastorale della comunicazione ‘Pascom’ dell’arcidiocesi di Bèlem, nello Stato brasiliano del Parà -. Certamente si è dimostrata una evidente spaccatura tra il mondo del capitale e la povera gente. Sembra che il popolo semplice e non fortunato abbia avuto la meglio in questa disputa di potere per il presidente”. “Dilma – prosegue padre Pighin – certamente non ha il carisma di Lula ma si è dimostrata determinata e decisiva nei suoi intenti. Tutti gli scandali che sono sorti durante il suo governo non sono riusciti a farla fuori. Credo che la gente semplice e umile abbia capito che Dilma era innocente, però ha capito benissimo che la loro vita è cambiata un po’ e soprattutto è piena di speranza per una vita migliore”.

I cattolici chiedono promozione umana e riforme. I vescovi brasiliani al momento non si sono ancora pronunciati, ma nei giorni scorsi hanno diffuso dei video, realizzati dall’arcidiocesi di Belo Horizonte, per spiegare alla popolazione (i livelli di scolarizzazione sono molto bassi) il sistema della delega e della rappresentanza democratica, per invitarli a recarsi alle urne: la percentuale di votanti è stata del 78,9%, quella degli astenuti il 21,1%. In realtà il mondo cattolico, da sempre in prima linea nella difesa dei poveri, non si è espresso più di tanto, ha solamente ricordato l’importanza di far prevalere nella scelta del candidato i valori cristiani. All’indomani dell’elezione “il clima in Brasile è tranquillo – aggiunge il missionario – è c’è la volontà di consolidare la democrazia e continuare nell’opera di promozione umana”. Tra le poche voci cattoliche che hanno commentato pubblicamente le elezioni, Antonio Correa de Lacerda, docente della Pontificia Università Cattolica a Rio de Janeiro, il quale ha raccomandato alla presidente l’urgenza di una riforma politica.

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