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Francesco Morrone

Molti di loro, quando vent’anni fa “Libera” muoveva i suoi primi passi, non erano neanche nati. Ma più dell’età, per questi ragazzi, contano gli ideali. Sono le ragazze e i ragazzi che stanno partecipando, a Roma, agli Stati generali dell’antimafia (“Contromafie”), promossi dall’associazione di don Luigi Ciotti. In mezzo a politici, operatori sociali, magistrati, forze di polizia, giornalisti e imprenditori ci sono loro, i giovani delle scuole e delle università che sono venuti da ogni parte d’Italia per questi quattro giorni (23-26 ottobre) di impegno e di confronto su un tema fondamentale come quello della lotta alla mafia. Questi giovani hanno valori e tanto coraggio. “Noi andiamo nelle scuole a urlare che la mafia, come diceva Peppino Impastato, è soltanto ‘munnizza’ – dice Chiara, 20 anni, del presidio universitario ‘UniLibera’ di Torino – andiamo a parlare di tutti gli innocenti che sono morti perché si sono ribellati alla mafia. Perché si possono uccidere le persone, ma il rumore delle parole non si ferma, il rumore dell’informazione può fare tanto”.
Uno dei primi presidi di “Libera”. Costituito nel 2006 e intitolato a Roberto Antiochia, il poliziotto assassinato dalla mafia nel 1985, quello di Torino è stato uno dei primi presidi di “Libera”. Oggi conta più di 30 persone, soprattutto studenti, che ogni giorno promuovono iniziative di sensibilizzazione e formazione sul fenomeno mafioso. “I presidi sono un punto di riferimento che raccoglie anche le parrocchie, le associazioni, le scuole e le amministrazioni delle città – afferma Mariano, 27 anni, coordinatore regionale di ‘Libera Campania’ – perché a volte siamo proprio noi a denunciare alle autorità i casi di corruzione e criminalità che affliggono il nostro territorio”. Con più di 1600 tra associazioni nazionali e locali, movimenti e cooperative, “Libera” conta oltre 9mila ragazzi che, sotto la guida di don Ciotti, condividono le proprie giornate e diventano promotori di legalità. In totale sono oltre 200 i presidi locali sparsi per tutta Italia e ognuno di questi è intitolato a una vittima delle “mafie” perché, come diceva Borsellino, “la mafia non è una sola, ma è come un albero fatto di tanti rami secchi”. Ma tante sono anche le realtà giovanili antimafia presenti dal nord al sud del Paese che non si rassegnano alla corruzione e all’illegalità. Attraverso i presidi quest’onda giovanile dà un contributo concreto e coraggioso all’azione sui territori, impegnandosi nella costruzione di percorsi di formazione ed educazione alla responsabilità e alla legalità democratica. Vanno nelle scuole, nelle piazze, nei Comuni. Alzano la voce per contrastare lo strapotere della criminalità e non hanno paura di bussare alla porta delle istituzioni per avanzare proposte, offrendo progetti normativi e amministrativi. Come a Rivarolo Canavese, il comune in provincia di Torino sciolto per mafia nel 2012, dove i ragazzi del presidio hanno creato “L6”, come il numero delle proposte di trasparenza e legalità promosse da “Libera” per governare la città nei prossimi cinque anni.
Libertà, giustizia, legalità, solidarietà. Parole impegnative e pesanti come macigni, ma questi ragazzi dimostrano di saperle maneggiare con grande umiltà. “Ma è inutile parlare di mafie senza che le parole abbiano poi un seguito reale nelle nostre vite, nelle nostre scelte – dice con una punta di orgoglio Marco, 23 anni, del presidio ‘Emanuela Loi’ di Cagliari – gli slogan servono a poco senza i fatti e le azioni concrete. Non basta – prosegue Marco – contrapporsi alle mafie e alla corruzione, ma serve costruire proposte di libertà e dignità che tengano conto di tutti. Anche dei più poveri, e di chi vive nelle periferie”. Don Ciotti ripete spesso che il sostegno maggiore va diretto proprio a loro, agli ultimi e agli emarginati, facili prede per le fauci della criminalità organizzata. “È per questo – afferma Roberto del presidio ‘Rosario Livatino’ di Pomezia – che la nostra generazione deve dare un segnale di concretezza, sporcandosi le mani, andando nelle periferie e in tutti i luoghi dove prospera la cultura dell’illegalità”. Per capire, insomma, qual è il rapporto fra i giovani e la mafia basta scambiare qualche battuta con questi ragazzi. Oltre a quelli di “Libera”, sono presenti anche giovani appartenenti ad altri movimenti come la “Fondazione Antonino Caponnetto” o quelli del “Comitato Addiopizzo”. Ma non fa differenza di quale associazione facciano parte, perché la loro forza – quella di tutti – risiede nella condivisione.

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