Scuola San Giovanni Vescovo (8)

DIOCESI – Pubblichiamo le riflessioni e le indicazioni del Vescovo Carlo Bresciani dopo il Sinodo dei vescovi sulla famiglia:

“Carissimi sacerdoti e carissimi fedeli,
abbiamo vissuto con fede e nella preghiera allo Spirito il Sinodo che si è appena concluso e che papa Francesco ha convocato per affrontare le complesse questioni che l’attuale crisi del matrimonio e della famiglia sta ponendo a tutti noi e per ritrovare la gioia di annunciare l’intramontabile Vangelo della famiglia al mondo di oggi.

La stampa ha concentrato la sua attenzione solo su alcuni aspetti, che per quanto importanti, presi da soli risultano fuorvianti per la comprensione del progetto di Dio sul matrimonio e sulla famiglia: comunione sì, comunione no ai divorziati risposati; accettazione o no delle coppie omosessuali.
La stampa ha dato così origine a un sinodo alternativo a quello dei vescovi, quello della carta stampata, ha trasmesso l’idea falsa che la misericordia invocata da papa Francesco consista nel rendere tutto cristianamente accettabile e ha introdotto false contrapposizioni tra aperturisti e conservatori.
Credo che, da cattolici, sia opportuno tenere ferme alcune verità fondamentali.
Il matrimonio e la famiglia sono voluti dal progetto creativo di Dio, per questo la Chiesa è e resta impegnata, fedele alla volontà di Dio, a promuovere e sostenere il matrimonio indissolubile e fedele tra un uomo e una donna. Per questo non cessa di impegnarsi a preparare le coppie a celebrare e vivere sempre meglio il matrimonio secondo il progetto di Dio, proponendo un vero cammino di fede e, se necessario, la riscoperta della fede. La Chiesa continua ad accompagnare con affetto i fidanzati verso il sacramento da vivere secondo il progetto di Dio, che è progetto di amore.
Chi si sposa in Chiesa e chiede il sacramento non può non accettare la verità del Vangelo e impegnarsi in modo esplicito e libero alla fedeltà, all’indissolubilità, all’unità del matrimonio, aperto alla generazione di nuove vite. Senza questi impegni, semplicemente non esiste sacramento del matrimonio.
Il matrimonio è solo tra un uomo e una donna, qualsiasi altra forma di convivenza o di relazione affettiva non è affatto paragonabile al matrimonio, neppure dal punto di vista civile e sociale. La società è generata soltanto dalla differenza sessuale. Ogni essere umano è figlio di un uomo e di una donna.
Il matrimonio, secondo la fede della Chiesa, è segno vivo dell’amore di Cristo per la sua Chiesa: un amore sempre fedele anche di fronte alle infedeltà della Chiesa. Se l’amore di Gesù non fosse fedele in questo modo, nessuno di noi potrebbe credere e sperare nel suo amore, dal momento che tutti noi siamo peccatori. Per questo la formula del consenso matrimoniale parla di fedeltà nella buona e nella cattiva sorte. Chi contrae matrimonio come sacramento (quindi in chiesa) si impegna ad essere segno dell’amore di Cristo per il proprio coniuge e per i propri figli: si impegna cioè ad imitare il modo nel quale Gesù ama ciascuno di noi. Ciò significa che la verità dell’amore coniugale e familiare non è da cercare solo negli affetti e nei sentimenti (per quanto positivi, da favorire e sostenere, sono tuttavia oscillanti), bensì nell’imitazione dell’amore di Gesù.
L’amore vero tra un uomo e una donna per natura sua aspira all’unità, alla fedeltà e all’indissolubilità. Nessuno che si sposi per amore, aspira ad altro. Si tratta di un’aspirazione messa da Dio nel cuore dell’uomo e della donna, ma non si realizza se non con impegno e dedizione costante dell’uno e dell’altra. Vivere secondo il sacramento del matrimonio, impegnandosi cioè ad amare come Gesù ama, è permettere a questa aspirazione di realizzarsi.
Quando non si vive secondo queste verità, c’è una situazione di peccato, cioè di rottura. Questa rottura ha sempre conseguenze gravemente negative e provoca profonde sofferenze nei coniugi e nei figli, soprattutto nei figli minorenni. Nessuno può illudersi: senza custodia degli affetti e prudenza nelle relazioni è impossibile evitare gravi ferite, rotture e sofferenze a sé e agli altri.
Il cristiano, anche nelle difficoltà relazionali che possono verificarsi nel matrimonio, deve fare di tutto per evitare rotture, non temendo di chiedere anche aiuto competente. La vita di fede nella Chiesa e con la Chiesa, la preghiera in famiglia e con la comunità cristiana sono mezzi indispensabili per vivere il matrimonio e la famiglia secondo il cuore di Cristo, nella fedeltà reciproca, portando con amore i pesi gli uni degli altri (Gal 6,2).
La Chiesa incoraggia ed ha molta stima dei coniugi che, anche se con fatica e sacrificio, restano fedeli alla promessa di indissolubilità e di fedeltà.
La misericordia e il perdono da esercitare sono innanzitutto verso il proprio coniuge e i propri figli. Senza misericordia e perdono per i limiti, che ciascuno di noi ha, nessuna relazione affettiva potrà sperare stabilità e durata nel tempo. Se vogliamo misericordia, esercitiamo misericordia. Se vogliamo perdono, impariamo a perdonare. Gesù invita tutti a riconoscere i propri peccati e alla conversione: è grande nella misericordia e nel perdono con tutti coloro che si convertono e fanno penitenza dei loro peccati. Nessuno ne deve dubitare.
Da cristiani non possiamo che avere atteggiamenti di comprensione, misericordia, aiuto, sostegno e accoglienza verso chi vive situazioni di rottura e di fallimento del matrimonio, soprattutto quando ci troviamo di fronte a coniugi innocenti e ingiustamente abbandonati o a figli con famiglie divise. Ciò non significa ignorare le negatività presenti nella rottura del patto matrimoniale.
Coloro che hanno rotto il vincolo matrimoniale, anche per colpa propria, e magari sono passati a seconde nozze civili, non cessano di essere cristiani, a meno che essi stessi lo vogliano. Continuando ad essere cristiani, possono e devono vivere da cristiani esattamente come qualsiasi altro fedele. Significa, ad esempio: santa messa domenicale, preghiera, catechesi, partecipare alle attività parrocchiali ed ecclesiali, alle iniziative di carità, osservare i dieci comandamenti, ecc. Nessun cristiano che viene meno ai doveri fondamentali connessi con il proprio essere cristiano può accostarsi alla comunione eucaristica. Ė richiesta prima la confessione dei propri peccati e la conversione, che significa impegno serio a cambiare vita.
Il coniuge cristiano che vive separato, ma non in una nuova relazione di tipo matrimoniale, se vive cristianamente come sopra ricordato, non può essere escluso dalla Penitenza e dalla Eucaristia.
Il cristiano divorziato risposato è chiamato innanzitutto a mantenere l’impegno di una vita onesta e a rispettare i doveri di giustizia sia nei confronti del coniuge da cui ha divorziato sia nei confronti dei figli. La separazione e il divorzio non esonerano dai doveri contratti con il coniuge e con i figli che sono stati generati. Non si possono ignorare le nuove povertà (anche economiche) di uomini e donne generate dalle rotture dei vincoli matrimoniali e famigliari.
Per quanto riguarda l’ammissione dei divorziati risposati alla comunione eucaristica: bisogna ricordare che il sacramento non è un bene individuale, ma della Chiesa. Spetta solo alla Chiesa decidere dei sacramenti che Gesù le ha affidato. Il loro significato cristiano va protetto e salvato per il bene di tutti i fedeli attuali e futuri. Nessuno può, quindi, decidere autonomamente in questo campo, magari per un errato senso della misericordia. Poiché sono sacramenti della Chiesa, vanno celebrati e ricevuti solo in comunione con la Chiesa. Né il vescovo, né il sacerdote possono decidere autonomamente dei sacramenti, concedendoli in modo difforme da quanto richiede la Chiesa. I fedeli non possono chiedere al sacerdote quello che egli non può e non deve dare.
I sacramenti sono però anche per la Chiesa: significa che la loro recezione deve portare ad essere sempre più Chiesa di Dio insieme ai fratelli nella fede, a partecipare alla vita della Chiesa e a crescere nella fede della Chiesa. Non si può chiedere il sacramento della Chiesa e rifiutare la vita nella Chiesa e con la Chiesa: il sacramento sarebbe inautentico, cioè non corrispondente alla volontà di Gesù. Questa verità ecclesiale del sacramento resta inalterata e inalterabile.
Papa Francesco sta verificando con il Sinodo dei vescovi se, mantenendo piena fedeltà al comando di Gesù circa l’indissolubilità del matrimonio, “in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise”, sia possibile concedere ai divorziati risposati l’accesso ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, accesso comunque “preceduto da un cammino penitenziale”. Ovvio che una condizione indispensabile è che essi vivano una vita cristiana autentica nel contesto di un solido rapporto affettivo con il nuovo coniuge e con gli eventuali figli.
Poiché nel Sinodo che si è appena concluso non è stata presa alcuna decisione in merito a quali possano essere le “situazioni particolari” e le “condizioni ben precise” in cui eventualmente possa essere concesso di accedere ai sacramenti, invito tutti, sacerdoti e fedeli, a non voler introdurre prassi difformi da quelle sin qui indicate dalla Chiesa, aspettando con docilità e obbedienza quanto verrà deciso nel Sinodo dell’anno prossimo.
Intanto, continuando a pregare perché lo Spirito di Dio illumini i Padri Sinodali, affido alla preghiera di tutti le famiglie, in modo particolare quelle che stanno affrontando momenti di difficoltà: il Signore le aiuti a restare nella fedeltà e nell’amore. Preghiamo per coloro che stanno soffrendo per la rottura del loro matrimonio, soprattutto per i figli che soffrono per la separazione dei genitori.
Ringraziamo in modo particolare il Signore per le molte famiglie della nostra diocesi che, vivendo nell’amore e nella fedeltà il loro matrimonio nelle gioie e nelle fatiche di ogni giorno, danno una testimonianza luminosa al Vangelo della famiglia e arricchiscono la Chiesa anche attraverso l’educazione cristiana dei loro figli.
Accompagno tutti indistintamente con la preghiera e con affetto.

Il Signore vi benedica tutti”.

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