UcrainaDi Maria Chiara Biagioni

La lunga giornata dedicata all’Ucraina a margine del vertice Asem di Milano non ha sciolto tutti i nodi e anche l’incontro tra il leader del Cremlino Vladimir Putin con il presidente ucraino Petro Poroshenko non ha e non poteva raggiungere gli obiettivi di una pacificazione sperata. E mentre a Milano, leader europei e asiatici hanno discusso di nuovi contratti economici tra strette di mano e cene di gran galà, l’Ucraina si appresta a vivere uno dei momenti più importanti della sua storia dopo la rivoluzione di Maidan: le elezioni del 26 ottobre. Un appuntamento cruciale da cui dipenderà la composizione del nuovo Parlamento e, quindi, il futuro delle riforme necessarie per far ripartire il Paese. Ma la sfida è altissima: l’Ucraina è un Paese in guerra e il clima nella capitale in questi giorni è incandescente. Al momento attuale l’auspicio è che la tornata elettorale si possa svolgere in maniera democratica e libera.

Il 26 ottobre, dunque, l’Ucraina andrà alle urne. A deciderlo è stato il presidente Petro Poroshenko che lo scorso 25 agosto ha deciso di sciogliere la “Verchovna Rada” – il Parlamento di Kiev – e di mandare il Paese al voto. Alle elezioni parlamentari anticipate parteciperanno una trentina di partiti, ma solo due di questi hanno la possibilità di superare la soglia di sbarramento del 5%. Sono, secondo i sondaggi, il blocco Poroshenko, formazione del presidente seguita a grande distanza dal partito radicale di Oleg Liashko. “Queste elezioni – commenta la professoressa di lingua e letteratura ucraina all’Università La Sapienza di Roma, Oxana Pachlovska – sono uno strumento che potrebbe aiutare a cambiare il paesaggio politico in Ucraina. Si tratta di sostituire la vecchia classe politica con una nuova nella speranza che questa classe dirigente si prenda cura del Paese, proceda con le riforme mancate e soprattutto avvii un percorso verso l’Europa più coerente e deciso”. A Kiev, però, la situazione è incandescente. Martedì 14 ottobre, nella capitale ucraina, migliaia di nazionalisti ed estremisti di destra hanno manifestato davanti alla sede del Parlamento e almeno 26 esponenti delle forze dell’ordine sono rimasti feriti negli scontri. “Quello che è successo – commenta Pachlovska – è un chiaro segnale di un cambiamento della politica russa. Gli esperti dicono – e io condivido questa opinione – che la Russia sta chiudendo il progetto nella parte orientale dell’Ucraina perché non ce la fa a sostenere il conflitto. Putin ha cambiato strategia e sta riversando le sue forze in questa corsia delle elezioni per assicurarsi attraverso una serie di provocazioni, tafferugli e scontri, di rendere la situazione nel Paese ancora più incandescente e fragile e creare la possibilità di far passare nel Parlamento le forze pro-putiniane”. La professoressa ritiene che questo pericolo esista e sia reale. Racconta addirittura che secondo alcuni siti, a Kiev sono presenti attualmente 700 agenti della Russia. “D’altronde – aggiunge – la provocazione è un’arma molto seria soprattutto in un Paese dove c’è la guerra, dove sono morte molte persone e tantissimi hanno perso tutto. E in un Paese dissanguato economicamente, chiaramente ci sono persone insoddisfatte della situazione. In un clima così, è facile incendiare gli animi, protestare contro il potere. Ma se vogliamo arrivare a un risultato serio con queste elezioni, dobbiamo assicurarne uno svolgimento secondo gli standard europei”.

Nella Regione orientale del Donbass intanto si continua a sparare e a morire. Nonostante l’accordo stipulato il 20 settembre nella capitale bielorussa di Minsk sul cessate-il-fuoco, il patto viene quotidianamente rotto da lunghi bombardamenti con artiglieria e mortai e tentativi da parte delle truppe dei ribelli filo-russi di assaltare l’aeroporto di Donetsk. “Uno dei compiti principali della Chiesa – racconta da Kiev don Mykhaylo Melnyk – è quello di aiutare i profughi interni provenienti dalla Crimea e dalle città dell’Est. Più di 375mila persone sono all’interno dell’Ucraina in fuga dalle loro case. Se la crisi continua ancora a lungo, la situazione per molte persone è insostenibile. Inoltre la società ucraina non è in grado di supportare adeguatamente i flussi migratori”. Questa è la sfida di fronte alla quale di trova la Chiesa: “Come possiamo aiutare le persone, i profughi, ma anche le persone che devono permanere nelle zone di guerra?”. L’Ucraina oggi ha bisogno di calma e democrazia ma anche del “sostegno della comunità internazionale, per organizzare un aiuto efficiente e sistematico per gli sfollati sparsi in tutta l’Ucraina, specialmente quelli delle zone di Donetsk e Luhansk”.

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