Famigliada Buenos Aires, Maribé Ruscica

Insieme al presidente dell’episcopato argentino, monsignor José María Arancedo, e al rettore della Pontificia Università Cattolica Argentina, monsignor Victor Fernandez, la professoressa Zelmira Bottini de Rey, attuale vicepresidente dell’Istituto per il matrimonio e la famiglia dell’Università Cattolica argentina e segretaria della “Rete latinoamericana degli Istituti universitari di famiglia” (Redifam), parteciperà come uditore all’imminente Sinodo sulla famiglia. Zelmira Bottini de Rey è un medico pediatra, sposata, ha cinque figli e 18 nipoti.

Come rappresentante del laicato argentino, quali sono le sue aspettative di fronte a questo Sinodo? 

“Secondo quanto espresso nell’‘Instrumentum Laboris’, il nucleo sarà riflettere sul cammino da seguire per comunicare a tutti gli uomini la verità e la bellezza dell’amore coniugale e della famiglia, rispondendo alle molteplici sfide pastorali che pone la cultura moderna con le sue luci e le sue ombre. Ciò che noi laici ci attendiamo è che si cerchino e si concretizzino le linee pastorali di accompagnamento familiare in una cultura che presenta segni molto particolari. Che la famiglia sia in crisi non è una novità. È noto anche che oggi si presentano molteplici realtà familiari a partire dalle quali occorre sostenere, guidare e aiutare affinché avvenga l’incontro con Gesù. In definitiva evangelizzare. Si tratta di cercare nuove forme per realizzare l’annuncio e rendere propizio l’incontro con il Salvatore, dopo di che si comincerà a essere cristiani”. 

A suo giudizio, le comunità cristiane dell’America Latina condividono analoghe aspettative rispetto a questo Sinodo? 
“Non mi risulta facile generalizzare le attese delle comunità cristiane dell’America Latina. Conosco le attese dei laici impegnati nella pastorale sulla famiglia dell’America Latina, che hanno manifestato le loro inquietudini nel Congresso della pastorale sulla famiglia organizzato dalla Conferenza episcopale latinoamericana che si è tenuto a Panama all’inizio dello scorso agosto. In tale incontro la Redifam diede un apporto di rilievo. La pastorale contiene diversi aspetti, alcuni interessano più certi Paesi che altri. Per esempio, in Ecuador è prioritario tutto ciò che riguarda le migrazioni, in particolare le famiglie migranti, visto l’enorme numero di nuclei familiari che si separano a causa di tale realtà. Direi quasi che è comune a tutti i Paesi latinoamericani l’interesse per la preparazione mediata e immediata al matrimonio e anche la formazione degli operatori della pastorale”. 

Si dibatte molto sul possibile accesso alla comunione da parte dei divorziati, a suo avviso, sarà un tema davvero ineludibile per il Sinodo? 
“Sarà senza dubbio una questione dibattuta, dal momento che è da tempo una preoccupazione della Chiesa. Già trent’anni fa l’esortazione apostolica ‘Familiaris Consortio’ prendeva in esame questa situazione. Nell’Incontro mondiale delle famiglie celebrato a Milano nel 2012, è stata una delle domande alle quali ha risposto direttamente Benedetto XVI davanti a oltre un milione di persone. Si sta cercando una via di soluzione che non si contrapponga alla dottrina millenaria della Chiesa. È importante ricordare che questo Sinodo straordinario ha come obiettivo la ricerca di vie di evangelizzazione. Come Sinodo non si può occupare di dottrina o di dogmi perché questo compete al Concilio. I media hanno la tendenza a monopolizzare un tema tentando di farlo divenire esclusivo. Evidentemente si tratta di un argomento che ‘vende’, ma non sarà l’unico e oso pensare che non sarà nemmeno il più importante”. 

Pensa che la misericordia o la carità cristiana saranno le chiavi per una maggiore apertura della Chiesa e una maggiore libertà dei pastori? Come verrà collocata la dottrina? 
“Non dubito che la misericordia e la carità siano le chiavi per generare la cultura dell’inclusione che ci propone Papa Francesco. Avvicinarsi a ogni individuo nella sua realtà, senza pregiudizi e con cuore aperto ci consente di capire la situazione e anche la necessità di vivere più pienamente. Per quanto concerne i pastori, Papa Francesco richiede che gli stessi vivano permanentemente con il proprio gregge e procedano insieme nelle diverse circostanze. Talvolta come guide, altre volte insieme e altre ancora da posizioni di retroguardia. L’opposizione tra pastorale e dottrina è falsa. Credo che ciò avvenga perché si è soliti associare la dottrina con la rigidità di norme imperative. Purtroppo la dottrina è stata spesso presentata in tal modo. Comunque, in ogni azione pastorale di accompagnamento e di sostegno è importante tener presente verso dove si accompagna, si orienta e si guida. L’obiettivo fondamentale è suscitare l’incontro con Gesù e perché questo avvenga occorre realizzare l’annuncio”. 

Ritiene, quindi, che questo Sinodo avrà la possibilità d’illuminare i pastori e le loro comunità nella direzione che sembra auspicare il Papa?
“Credo che le possibilità di questo Sinodo siano enormi. In America Latina le questioni legate alla famiglia occupano da molto tempo un posto di preferenza. Basti ricordare che nel documento di Aparecida (DA) 2007, del quale Papa Bergoglio è uno dei redattori, le espressioni ‘famiglia’ e ‘famiglie’ appaiono oltre cento volte associate alla ‘vita’ e lo sguardo sulla famiglia è molto positivo e grato. In occasione del pellegrinaggio-incontro ‘Nuestra Señora de Guadalupe, Estrella de la nueva evangelización en el continente americano’, organizzato dalla Pontificia Sommissione per l’America Latina e celebrato nel mese di novembre 2013 in Messico, mi ha molto impressionato il vivo interesse dei partecipanti dell’emisfero nord (Europa e Canada) per favorire l’integrazione con l’America Latina. Ancora una volta viene convalidata l’affermazione di Paolo VI: ‘America continente della speranza’. Storicamente, la Chiesa si è sempre preoccupata della famiglia. Infatti, nelle sue origini la Chiesa cominciò a operare in comunità familiari. La Chiesa, madre e maestra, cerca le vie più indicate perché a partire delle diverse realtà si possa proporre l’incontro con Gesù, incontro che segna la vita di ogni persona e, pertanto, di ogni comunità. Gesù s’incarnò e visse in unità familiare, partecipando a tutte le vicissitudini proprie della famiglia. E questo non è un elemento da poco”.

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