Papa Molise

Da Zenit di Luca Marcolivio

Predicare è una cosa, essere vicini alle persone è un’altra. Ancora una volta papa Francesco, dall’altare della Cappella di Santa Marta, ha bacchettato l’ipocrisia con cui molti vivono la loro vita di fede.

Durante l’omelia di stamattina, il Santo Padre si è soffermato sulla protagonista del Vangelo odierno (Lc 7,11-17), la vedova di Nain, che ha perso il suo unico figlio. Con lei Gesù fa il miracolo: non solo ha restituito la vita al giovane ma ha manifestato vicinanza a sua madre. “Dio – dice la gente – ha visitato il suo popolo”, ha spiegato il Papa. La sua venuta porta “qualcosa di nuovo” e “la sua presenza è specialmente lì”.

Non solo Gesù è “vicino alla gente” ma riesce a capire “il cuore del suo popolo”. La “vicinanza”, ha osservato il Papa, “è la modalità di Dio”.

L’altro moto del Signore verso il suo popolo è la “compassione”, la stessa compassione che “aveva quando ha visto tanta gente come pecore senza pastore”.

Gesù, quindi, si commuove spesso davanti agli uomini che incontra: lo fa davanti alla tomba di Lazzaro, così come il Padre Misericordioso si commuove al ritorno del Figliol Prodigo.

La strada per l’annuncio del Vangelo, pertanto, è quella della “vicinanza” e della “compassione”, a differenza di quanto facevano i “maestri” e i “predicatori del tempo: i dottori della legge, gli scribi, i farisei”, i quali “parlavano bene” ed “insegnavano bene la legge” ma rimanevano “lontani dal popolo”.

Il popolo, quindi, non poteva avvertire la loro predicazione come una “grazia”, perché “mancava la vicinanza, mancava la compassione e cioè patire con il popolo”.

Ciò che contraddistingue Gesù dai predicatori suoi contemporanei è la sua capacità di restituire la vita – come fa con il figlio della vedova di Naim – e la “speranza” al suo popolo.

Quando invece si predica la Parola di Dio “brillantemente” ma senza riuscire a “seminare la speranza”, il risultato è soltanto la “vanità”.

Il miracolo realizzato da Gesù nel Vangelo di oggi, è un segno della “visita di Dio al suo popolo”. E noi stessi possiamo “chiedere la grazia che la nostra testimonianza di cristiani sia testimonianza portatrice della visita di Dio al suo popolo, cioè di vicinanza che semina la speranza”, ha quindi concluso papa Francesco.

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