Il colore prima del blu


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Per leggere le precedenti puntate clicca su:

– Il colore prima del blu – Puntata 1

– Il colore prima del blu – Puntata 2

– Il colore prima del blu – Puntata 3

– Il colore prima del blu – Puntata 4

– Il colore prima del blu – Puntata 5

– Il colore prima del blu – Puntata 6

– Il colore prima del blu – Puntata 7

– Il colore prima del blu – Puntata 8

Dalla finestra della mia nuova camera scorgo Marta che apre la cassetta della posta. Si guarda intorno e tira fuori una busta, la osserva e se l’avvicina al petto alzando gli occhi al cielo. Mi ritiro per paura che mi veda. Mi chiedo se sia più bello ricevere qualcosa di inaspettato, una sorpresa per intenderci, oppure ricevere qualcosa che si è atteso con trepidazione, magari per lungo tempo. Una sorpresa ti fa saltare e urlare, un evento tanto sospirato, quando si realizza, ti fa alzare gli occhi al cielo. La sorpresa ti fa andare per alcuni istanti il cuore in gola, l’attesa è un lungo batticuore. Lo so bene perché, mentre non vedo l’ora che arrivi la cena sperando di incontrare Anna, provo una lieta sofferenza. Ma forse l’attesa è un po’ la condizione umana. Anche i clienti del ristorante trepidano aspettando che arrivino i loro piatti caldi. C’è chi sbuffa, chi guarda con ansia la porta della cucina, chi si distrae giocherellando con le posate, chi spizzica il pane e chi chiacchiera o legge un giornale.

 Anna non arriva e sono già le nove e mezza. Osservo continuamente l’orologio. Ho bisogno di vederla, di dirle almeno ciao. Un cliente mi chiama e mi chiede una bottiglia d’acqua. Mi dirigo verso la cucina, ma nel tragitto mi rendo conto di non sapere se la vuole liscia o gassata. Non si tratta di una dimenticanza: non l’ho proprio ascoltato. ‹‹Dove sei Anna?›› chiedo al mio volto riflesso sullo specchio della sala. Lo trovo inaspettatamente smagrito e bianco. Mi sento prigioniero dei miei clienti, del signor Alfredo, di un piatto di linguine, di un ordine da eseguire, della lamentela di un cliente che ha trovato il contorno troppo salato. Mi sento prigioniero di un mondo al quale improvvisamente non appartengo.

 Alla fine del servizio, prendo la bici e faccio un giro per il paese. Una figura scura barcolla sulla strada che porta al mare. Ha una torcia con sé e illumina il suo percorso sinuoso. Con l’altra mano sorregge un fiasco. Cade a terra, lo raggiungo. È Claudio, il guardiano del faro. Lo tiro su. Mi guarda stralunato. Le parole gli scivolano via dalla bocca. Alcune cadono a terra sorde, altre si allungano fin sui tetti delle case. ‹‹Tu i vu ‘bbe a Cladì?›› mi chiede. Una risata lo impossessa e investe la pace della via. Si apre una finestra e qualcuno urla: ‹‹Fate silenzio!››. Lascio Claudio il guardiano sdraiato su una panchina. È tardi ma spero ancora di incontrare Anna. E se fosse ripartita? Il solo pensiero mi fa tremare le mani sul manubrio e per poco non cado. La luna illumina anche le strade più buie, ma non sa illuminare il mio cuore. Anna, dove sei?

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