montecitorioDi Francesco Bonino
L’indirizzo istituzionale della Costituzione vigente, che, come sappiamo risale all’immediato dopoguerra, si può riassumere in tre parole: “abbondare nelle garanzie”. Tre parole pronunciate da un costituente comunista, Vincenzo La Rocca, nei primi giorni di discussione: era il 6 settembre 1946.
La scelta della riforma oggi in discussione, come della gran parte dei progetti che l’hanno preceduta negli ultimi vent’anni, è invece quella della semplificazione, dell’efficienza e dell’efficacia, in particolare dell’azione di governo, sulla scorta della scelta per un sistema di regolazione maggioritario del sistema politico.
Questo cambio di filosofia costituzionale ha da sempre evocato (basti ricordare Giuseppe Dossetti e i comitati per la difesa della Costituzione) la denuncia di rigurgiti autoritari. Prima diretti contro Berlusconi, ora contro le proposte del governo Renzi.
Basta rispondere con un famoso hastag: state sereni?
In realtà la questione merita di essere posta e ne è una spia la trafelata disponibilità del governo a prevedere comunque un referendum confermativo, al di là dell’attuale (e non riformato) articolo 138. Giustamente poi si stanno discutendo altri utili correttivi “garantisti”, in particolare a proposto di referendum ed elezione del presidente della Repubblica, temi su cui si può fare meglio rispetto alla proposta in discussione, che pure è assai migliorata rispetto al testo iniziale. Perché tutto si tiene nella delicata architettura costituzionale e il vero rischio non è tanto del riproporsi della deriva mussoliniana, che qualcuno oggi denuncia strumentalmente, ma il caos impotente di velleitarismi vari, nel contesto di un monocameralismo a forte propulsione maggioritaria con attori politici deboli. Che poi è il vero problema dell’Italia. Così la vera questione sul tappeto, ragionando in prospettiva, è la combinazione tra riforma costituzionale e legge elettorale, che sembra, in questa fase confusa, sparita dai radar, ma che è ben presente alle forze politiche.
Infatti è proprio la partita sulla legge elettorale – insieme con quella sull’elezione del successore di Napolitano, quando questi sceglierà di lasciare – uno dei vincoli che tiene insieme la “strana maggioranza” neo-costituente, da Renzi a Berlusconi, passando dal variegato arcipelago centrista. Con esiti al momento imprevedibili.
Avanti, dunque, con giudizio. Anche per non essere costretti a ritornare sulle decisioni vuoi nel corso del processo di revisione – che, come sappiamo prevede due delibere conformi di ciascuna Camera nell’arco di non meno di tre mesi – sia nei prossimi anni, come sta accadendo per la cattiva riforma del titolo quinto. Tutte le rilevazioni d’opinione confermano che agli italiani poco interessano i temi istituzionali, ma molto la lotta ai privilegi e ai costi della politica – che si annidano rilevanti anche nelle Regioni – oltre che il livello della tassazione e la necessità di lavoro. Ovvero l’ordine del giorno della ripresa autunnale.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *