SposeDi Cristian Carboni
“Mi sono sposata a 13 anni. Non ho nemmeno avuto modo di conoscere mio marito fino a quando la sua famiglia non ha deciso che dovevamo sposarci. La prima volta che hanno chiesto la mia mano ho rifiutato, perché volevo finire i miei studi. Ma mia madre ha molto insistito affinché mi sposassi e alla fine ho ceduto. Il fidanzamento è durato solo 10 giorni”. Inizia così il racconto di Hania, una ragazza siriana di 15 anni rifugiata nel campo-profughi di Za’Atari, in Giordania, costretta a sposarsi contro la sua volontà. E come Hania, tante altre bambine vivono lo stesso dramma.
 
“Matrimoni precoci” quasi raddoppiati. In questa regione il numero di matrimoni “precoci”, che vedono ragazze poco più che bambine andare in spose a uomini molto più anziani di loro, è in continua crescita da quando, tre anni fa, è scoppiato il conflitto in Siria. Secondo “Save the children”, che da anni opera in tutto il mondo a difesa dei bambini, prima della guerra solo il 13% dei matrimoni coinvolgeva minorenni. La percentuale è salita al 18% nel 2012, mentre nel 2013 il numero è quasi raddoppiato: si parla del 25%, un matrimonio su quattro. Se si pensa che il numero di coetanei maschi sposati negli stessi anni è molto inferiore, si capisce che le giovani spose sono costrette a unirsi a uomini più anziani: nel 48% dei casi la differenza di età arriva a dieci anni. Lo stesso accade nei campi profughi siriani in Iraq, Libano e Turchia.
Pratica diffusa… La pratica dei matrimoni infantili è abbastanza diffusa nel mondo arabo, “soprattutto nelle zone rurali, dove le famiglie sono povere e non hanno i mezzi per mantenere i figli – spiega Marco Guadagnino, operatore di Save the children a Za’Atari – ma con la guerra in Siria c’è stato un aumento elevato del fenomeno. Molti siriani scappano e non hanno nulla con loro, la povertà è una delle ragioni per cui i genitori decidono di dare in sposa le proprie figlie: è un modo per non avere più il peso economico di un membro della famiglia. Un’altra ragione sta nel timore di violenze sessuali: una ragazza giovane, sola e non sposata è considerata più a rischio di violenza, e questo timore aumenta in un contesto di guerra – prosegue Guadagnino – ad ogni modo, molte famiglie non accetterebbero mai una pratica simile in circostanze migliori”. Il matrimonio infantile ha effetti devastanti per le bambine coinvolte. Le ragazze costrette a sposarsi giovanissime rischiano di subire violenza domestica molto di più rispetto a chi si sposa più tardi (contrariamente a quanto pensano i loro genitori). Hanno inoltre meno accesso alle cure ginecologiche, mettendo seriamente a repentaglio la loro salute, e quella dei loro bambini, quando restano incinte: le ragazze sotto i 15 anni hanno cinque volte in più la possibilità di morire di parto rispetto a una donna adulta. “Non da ultimo, le ragazzine costrette a sposarsi presto devono abbandonare gli studi, ponendo così una pietra tombale alla loro possibilità di autodeterminazione, di crescita culturale ed economica”, afferma Guadagnino.
… ma vietata. La legge siriana pone a 18 anni l’età minima per il matrimonio, anche se la Sharia, la legge islamica, lo consente prima. La pratica dei matrimoni precoci è comunque vietata a partire dal 1979 dalla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione verso le donne, perché viola il diritto di essere consapevoli e consenzienti in una scelta così importante, come previsto dalla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. A Za’Atari, dove ora vivono 95mila persone con i servizi praticamente al collasso, i volontari di Save the children offrono sostegno psicologico alle ragazze vittime di questa pratica e sensibilizzano le loro famiglie perché riflettano prima di fare questo passo, così da evitare simili drammi.
Un giocattolo. Hania ha subito violenze psicologiche, ha passato ogni tipo di tribolazioni, tanto da definirsi lei stessa “un giocattolo con cui suo marito si divertiva”. I suoi genitori hanno convinto il suo compagno a lasciarla tornare nella loro casa e ora è riuscita a riprendere gli studi, terminando la nona classe. Una fortuna che non capita a tutte le sue coetanee nella stessa situazione.

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