imagePadre Ferdinando Castelli ha lasciato questa terra venerdì 13 dicembre intorno alle ore 19,30. Era nato a San Pietro di Caridà, un paesino in provincia di Reggio Calabria, il 24 marzo 1920. Era entrato nella Compagnia di Gesù il 30 agosto del 1937. Studiò filosofia a Messina e a Gallarate; teologia a Napoli, dove fu ordinato sacerdote l’8 luglio 1951.

Dal 1954 al 1966 e poi nell’anno 1970-71 fu alla chiesa del Gesù Nuovo di Napoli e insegnò religione al liceo statale Genovesi. Nel 1971 si è trasferito presso la redazione de “La Civiltà Cattolica”, dove è rimasto sino alla fine. È stato anche docente di Letteratura cristiana alla Pontificia Università Gregoriana e all’Università Salesiana.

Padre Ferdinando era un uomo vero e un grande intellettuale, cioè un uomo che aveva una visione delle cose, e che con creatività la esprimeva. Ha dato forma alla «cristologia letteraria». Era un segugio. Fiutava Cristo dovunque. Era convinto che il Signore è sempre all’opera nel mondo. E lui lo trovava soprattutto tra le pagine che la creatività ispira agli esseri umani: nelle poesie e nei romanzi.

In questi mesi successivi alla sua morte, “La Civiltà Cattolica” ha continuato a pubblicare gli articoli che il religioso aveva preparato. Il suo ultimo contributo apparirà sul numero di sabato 19 luglio. In questo suo saggio, padre Ferdinando ha analizzato le immagini del paradiso nella letteratura moderna.

Introducendo il tema e riflettendo su un dialogo fra Mefisfofele e Faust, nell’omonima opera di Goete, padre Ferdinando ha scritto: “Qual era l’aspirazione di Faust? Fissare l’eternità nel tempo e fare della terra un paradiso. Questa aspirazione è una componente del nostro spirito: trascendere il tempo, stabilirci in una pienezza di vita, cioè di felicità, di pace e di amore. Siamo pellegrini, impazienti di mete capaci di placare la nostra fame e sete di felicità”.

Per parlare del paradiso, già presente su questa terra, padre Ferdinando ha riflettuto sulle parole dello staretz Zosima, personaggio de “I fratelli Karamazov”: “La vita è un paradiso, e noi siamo tutti in paradiso, ma non vogliamo capirlo; e invece, se volessimo capirlo, domani stesso il mondo intero diventerebbe un paradiso. Il paradiso è nascosto dentro ognuno di noi. Ecco, ora è qui nascosto anche dentro di me, e, se voglio, domani stesso per me comincerà realmente e durerà tutta la mia vita”. E il gesuita commenta: “L’idea dello staretz è chiara: se accogliamo il Cristo, in noi si realizza una trasformazione interiore che ci conforma a lui”.

Ecco solo alcuni passaggi del testo, per la cui lettura integrale rimandiamo al suddetto numero de “La Civiltà Cattolica”, dove il padre Castelli si sofferma ancora sulla visione del paradiso di autori come Max Jacob, Paul Claudel, Davide Maria Turoldo, Clive S. Lewis.

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