imageNell’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica” che uscirà sabato 19 luglio, padre Francesco Occhetta prende spunto dalla messa che Papa Francesco ha celebrato lo scorso 27 marzo per circa 500 parlamentari per parlare del rapporto che il Pontefice ha col mondo della politica.

Le letture del giorno, tratte dal capitolo 7 del libro di Geremia e dal capitolo 11 del vangelo di Matteo, mettono in evidenza, secondo l’interpretazione del Papa, da una parte la necessaria fedeltà a Dio e alla sua parola per ottenere la prosperità in uno stato e dall’altra l’obbligo da parte della classe dirigente di essere vicino al popolo e di servirlo, perché senza la logica del servizio finisce per scartare ciò che è vero e buono.

Afferma infatti il Papa: “Il popolo di Dio era solo, e questa classe dirigente, i dottori della legge, i sadducei, i farisei, era chiusa nelle sue idee, nella sua pastorale, nella sua ideologia. E questa classe è quella che non ha ascoltato la Parola del Signore, e per giustificarsi dice ciò che abbiamo sentito nel Vangelo: Quest’uomo, Gesù, scaccia i demoni con il potere di Beelzebul (Mt 11,15)”.

Durante l’omelia il Papa si è fermato anche sul concetto di corruzione, un tema sul quale più volte ha riflettuto. Spiega padre Occhetta: “La radice della corruzione per il Papa è di natura spirituale, non morale; risiede nella stanchezza della trascendenza e nella pretesa di autosufficienza”. La corruzione per Papa Francesco “è un atteggiamento del cuore riferito ad un tesoro che lo seduce, lo tranquillizza e lo inganna”.

Quelle che dovevano essere solo le parole di un’omelia, hanno finito per trasformarsi in una sorta di “esame di coscienza pubblico”. Le parole del pontefice hanno scosso le menti e i cuori dei parlamentari che hanno partecipato alla messa del 27 marzo i quali hanno riflettuto sulle indicazioni del Papa. Quarantadue di questi pensieri sono stati raccolti nel volume “Eletti per servire. Papa Francesco e i Parlamentari italiani”, curato dal cappellano del parlamento italiano, Mons. Leuzzi.

Secondo il gesuita: “Gli interventi contenuti nel volume possono essere sintetizzati secondo tre direttrici: rendere visibile le dimensione dell’onestà; il ritorno alla propria coscienza come luogo di discernimento per fare scelte e scrivere leggi; riflettere su quali modi, forme e contenuti il credente in politica si debba rapportare al contesto laico in cui agisce”.

Padre Occhetta conclude il suo articolo con una riflessione sul ruolo dei cattolici in politica citando le parole di Mons. Galantino: “Il bipolarismo, così come è stato realizzato sul piano istituzionale e su quello politico, ha in seguito finito per produrre l’effetto di due posizioni politiche in cerca del voto cattolico, ciascuna facendosi più o meno utilmente garante di un pacchetto di valori, ma senza integrare dentro la propria prospettiva l’apporto del personalismo cristiano. È mancato un vero confronto tra i cattolici stessi e tra essi e le altre culture sulle nuove questioni della democrazia: dalle nuove scienze e le loro conseguenze pratiche alle nuove emergenze sociali”.

Secondo il religioso, dunque “la priorità rimane la capacità di discernere nei problemi dell’agenda politica quei rimandi all’antropologia cristiana che permet- tano di spostare la domanda dal singolo problema — che può avere soluzioni politiche e tecniche diverse, tutte compatibili con la fede — ai processi di discernimento che portano alla luce le domande di senso sull’uomo e sul mondo, proprie di una civiltà umana”.

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