Di Irene Argenterio
Sono trascorsi due anni e mezzo dall’introduzione della liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali, che il decreto Monti inizia a scricchiolare. E insieme a lui iniziano a scricchiolare anche diversi settori della società, che alla prova dei fatti si stanno rendendo conto che tutelare la domenica come giorno “non lavorativo” non sia semplicemente un “capriccio” della Chiesa. Vero è che la Chiesa, nella tutela della domenica come giorno di festa è da sempre stata in prima linea.
Nel 2008, prima di venir meno colpito da un infarto, il compianto vescovo Egger aveva scelto la “Domenica” come tema pastorale per la diocesi di Bolzano-Bressanone. Una scelta portata avanti dal suo successore, mons. Golser, che il 3 marzo 2009, cinque giorni prima della sua ordinazione episcopale, tenne a battesimo l’Alleanza per la domenica libera dal lavoro, una realtà mutuata dai vicini Paesi di lingua tedesca e tutt’ora presente e viva per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della domenica.
Sabato scorso, nel suo primo discorso in Molise, Papa Francesco non è certo andato per il sottile: “Forse è giunto il momento di domandarci se quella di lavorare alla domenica è una vera libertà”. “La questione della domenica lavorativa, non interessa solo i credenti ma interessa tutti, come scelta etica”, ha aggiunto il Pontefice. “La domanda è: a che cosa vogliamo dare priorità?”, ha detto Francesco. “La domenica libera dal lavoro, eccettuati i servizi necessari – ha spiegato Francesco – sta ad affermare che la priorità non è all’economico, ma all’umano, al gratuito alle relazioni non commerciali ma familiari, amicali, per i credenti alla relazione con Dio e con la comunità”. “La domenica è lo spazio della gratuità”, ha rimarcato il Papa.
Parole forti, quelle di Papa Francesco, che arrivano al cuore della questione. Se è vero che ci sono dei servizi indispensabili che devono essere mantenuti anche nei giorni festivi, altrettanto vero è che la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali è un provvedimento che mette il guadagno economico davanti alla persona. Contribuendo, in questo modo, a rendere la persona ancor più soggetta alle variazioni e ai capricci del mercato. Il tutto a discapito di quelli che sono i rapporti personali. Prima di tutto all’interno delle famiglie.
Se ne stanno rendendo conto, in questi mesi, tutti coloro che sono stati costretti a modificare i loro ritmi familiari per rispondere alla riorganizzazione degli orari di lavoro. Proprio sulla base dell’esperienza personale, sono sempre più le persone che hanno compreso che una manciata di euro in più in busta paga – anche in un periodo di crisi come quello che sta attraversando il nostro Paese – non può ripagare il tempo sottratto alla vita in famiglia.
Lunedì scorso, 7 luglio, i rappresentanti sindacali dei lavoratori del commercio hanno consegnato ad Alessandro Olivi, assessore provinciale all’industria, artigianato e commercio della Provincia di Trento, le 400 firme raccolte tra commessi e commercianti del Millennium Center di Rovereto per chiedere un passo indietro rispetto alla legge Monti e un ritorno ad una normativa più ragionevole sulle aperture domenicali e festive. Trento, così come Bolzano, in forza dell’Autonomia, avevano elaborato un proprio sistema che prevedeva un numero limitato e concordato di aperture domenicali. L’entrata in vigore del decreto Monti spazzò via, agli inizi del 2012, ogni tipo di programmazione e anche i vari ricorsi presentati alla Consulta non hanno potuto impedire l’apertura incondizionata degli esercizi commerciali, sette giorni su sette.
A due anni e mezzo dal decreto Monti, anche i commercianti si stanno rendendo conto che all’aumento degli orari di lavoro (deciso per tenere il passo al regime di concorrenza commerciale) non è corrisposto un aumento degli affari. Semplicemente li ha spalmati su più ore, provocando di fatto un aumento delle spese, soprattutto per quanto riguarda il personale. Ad essere scontento è anche il personale, che si vede costretto a sacrificare la famiglia per andare a lavorare. E alla fine dei conti, anche gli stessi consumatori non sono poi così felici, perché anche andare a fare shopping ruba del tempo allo stare insieme in famiglia.
Forse è veramente giunto il momento di domandarsi – riprendendo le parole di Papa Francesco – se quella di lavorare alla domenica è una vera libertà. Forse sono maturi i tempi per riorganizzare le priorità e per rimettere le esigenze dell’uomo e della famiglia prima di quelle economiche.

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