Di Don Carmelo Petrone del direttore “L’Amico del Popolo” (Agrigento)
Che lo sforzo dell’operazione “Mare Nostrum” sia lodevole è sotto gli occhi di tutti, tuttavia l’ennesima notizia ferale che giunge dal cuore del Mediterraneo tradisce la sua insufficienza.
Proprio mentre prende avvio il semestre di presidenza italiano dell’Unione europea, approda a Pozzallo, la Grecale, la nave della Marina militare con a bordo 566 migranti salvati in due interventi di soccorso, con a traino il “motopesca della morte”. A bordo dell’imbarcazione, poco più di venti metri, vi sono 45 migranti morti probabilmente per asfissia bloccati nella sala macchine dove avrebbero inalato il letale monossido di carbonio emesso dai motori.
I racconti dei sopravvissuti, raccolti dalle autorità inquirenti, sono raccapriccianti. Storie di violenze, umiliazioni, sopraffazioni, subite lungo il viaggio. Raccontano anche di come li abbiano obbligati a salire sul “motopesca della morte” già stracolmo di persone. I libici ci hanno “schiacciati dentro con forza” e “trattati come bestie”, racconta uno di loro.
E mentre viene prestato soccorso ai superstiti giunge la notizia – a conferma di come dietro l’arrivo dei migranti ci siano i “trafficanti di carne umana” – che il servizio operativo delle Squadre Mobili di Palermo e Agrigento, ha eseguito, con l’operazione “Glauco”, 9 decreti di fermo (5 arrestati, 4 irreperibili) emessi dalla Dda di Palermo, per associazione a delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione e della permanenza clandestina, a carico di un’organizzazione – che aveva base in Libia e Sudan, ma anche una “cellula italiana” che operava ad Agrigento e Roma – responsabile, tra l’altro, del viaggio del 3 ottobre con il naufragio di 366 migranti.
Al dramma appena ricordato se ne aggiunge un altro: a Palermo, dopo due mesi di agonia si è spento il giovane senegalese Toure Falou. Aveva 26 anni. Portava con sé un bagaglio di sogni e di speranza. Recava le attese e le ansie di un giovane della sua età, tutte arse, come le sue carni, dalla dura realtà di una stentata accoglienza e dall’incapacità di costruire fraternità integrando.
Dinanzi a questi drammi – mentre ci apprestiamo a ricordare il primo anniversario del “viaggio penitenziale” del Papa a Lampedusa – il pensiero non può che correre veloce al dolore di Francesco dell’8 luglio 2013, agli interrogativi che là pose perché incidessero cuore e coscienze: “Adamo dove sei?”, “Caino dov’è tuo fratello?”, “Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle?”. A tali domande fece eco quell’indignato “Vergogna!” del 3 ottobre 2013, per i 366 figli che, annegati nel mare, non sono più.
Lo scenario politico nazionale, tra Governo e opposizione, su questi temi si fa incandescente, il ministro dell’Interno Angelino Alfano puntualizza come nel semestre di presidenza italiana dell’Ue “sull’immigrazione ci giochiamo tutto”.
Intanto prende sempre più piede il programma del Governo per uscire dall’emergenza e arrivare alla programmazione dell’accoglienza, con la creazione di tre grandi Centri di prima accoglienza in Sicilia, Calabria e Puglia dove prestare i primi soccorsi e procedere all’identificazione e il successivo trasferimento negli hub regionali – a quanto pare 10 in tutto il territorio nazionale – dove si procederà ad esaminare le richieste di asilo dei migranti. Una soluzione, però, che per Olivero Forti, responsabile immigrazione di Caritas Italiana è ancora lontana dall’essere adottata. “Abbiamo ragioni di ritenere – dichiara – che l’estate passerà così, con una situazione di accoglienza del tutto emergenziale”.
E dinnanzi ai 60mila arrivi dall’inizio dell’anno ad oggi e ai 45 morti, ritorna la domanda: e l’Europa? Assente! Jean–Claude Juncker, probabile futuro presidente della Commissione europea, ha ipotizzato la figura di un commissario delegato per i problemi dell’immigrazione, un’apertura che fa ben sperare ma è chiaro a tutti che necessitano nell’immediato altre scelte come rivedere il trattato di “Dublino 3” in materia di diritto d’asilo – lo stesso piano del Governo italiano è vincolato alla revisione di questo dispositivo – per permettere di spalmare il carico di migranti sull’intero territorio dell’Unione europea e non imporre ai migranti (è quello che stabilisce attualmente il Trattato) di fare richiesta d’asilo nel primo Paese in cui sbarcano, in questo caso l’Italia. Molti di coloro che arrivano sulle coste siciliane, arrivano con il progetto di continuare il viaggio per raggiungere parenti e amici che si trovano in altri Paesi europei.
Ma questo all’Europa, sembra non interessare. Per monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni, “il peccato originale dell’Europa è che non è costruita attorno agli uomini, è costruita attorno all’economia e alla finanza”.
Ancora una volta dobbiamo registrare che mercato e finanza dettano tempi e precedenze e continuano ad alimentare, nonostante ogni sforzo, quella che Papa Francesco ha definito “globalizzazione dell’indifferenza”.

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