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Dinanzi ai cadaveri niente scorciatoie

Stiamo troppo bene, nonostante la crisi, e abbiamo – non tutti, è vero – la pancia piena, così che il benessere ci rende “insensibili alle grida degli altri”: è la “globalizzazione dell’indifferenza” che Papa Francesco denunciava giusto un anno fa, l’8 luglio 2013, nella sua visita a Lampedusa, sconvolto lui stesso dal dramma dei migranti africani che continuamente perdono la vita nel Mediterraneo. Il pontefice intendeva “scuotere le coscienze”; ma le conseguenti decisioni politiche per prendere di petto il problema non sono arrivate. Neanche stavolta. Tanto che ancora in questo fine giugno 2014 si conta l’ennesima tragedia (si è scritto troppe volte “ennesima”), con una trentina di cadaveri consegnati all’Europa dall’ennesimo barcone della morte.
Nei primi sei mesi dell’anno sono 60mila le persone (di questo si tratta, persone) in qualche modo approdate sulla sponda nord del “mare nostrum”, sorvegliato dall’operazione “Mare Nostrum” che, pur tra mille limiti strumentali, tende una mano a chi cerca dalle nostre parti un impossibile Eldorado.
“Da oggi l’Italia è meno sola nel Mediterraneo”, aveva detto – non senza elementi ragionevoli – il premier Matteo Renzi venerdì 27 giugno al termine del Consiglio europeo, dove i capi di Stato e di governo Ue avevano concordato di farsi carico programmaticamente, ma non ancora solidalmente, del fenomeno migratorio. Se l’Italia sarà meno sola lo si vedrà nei prossimi mesi, nei prossimi anni: per ora Renzi debutta come presidente di turno Ue con l’ennesimo – sempre quello – funerale di anime disperate, fuggite dalla loro terra sperando in chissà che e illuse da chissà chi.
Capiterà forse che l’operazione comunitaria Frontex prenda il posto di “Mare Nostrum”: ma serve ben altro. Serve sviluppo vero – politico, economico, sociale, culturale – nei Paesi di partenza; occorre la collaborazione Africa-Europa per perseguire gli scafisti e gli sfruttatori di ogni sorta; urgono denaro e mezzi per scandagliare tutto il mare e tendere la mano a chi rischia di morirci e, poi, per una prima accoglienza; e necessitano accordi precisi nell’ambito delle politiche sui rifugiati e l’asilo, nonché una equa e solidale ripartizione delle conseguenze e dei costi del problema migratorio.
Scorciatoie non ce ne sono. Le ennesime chiacchiere non bastano più.