Di Riccardo Benotti

“Il ragazzo, il giovane, ha bisogno di fare esperienze forti assieme a coetanei che hanno le stesse problematiche e sotto la guida di ‘fratelli maggiori’, adeguatamente formati. Si cresce imparando a scherzare e a giocare nel modo giusto, ad interessarsi dei problemi del mondo, facendo sport nel rispetto dell’avversario e dei compagni, pregando insieme, vivendo insieme 24 ore su 24”. Ne è convinto Claudio Turrini, giornalista di “Toscana Oggi”, che riflette sull’attualità della proposta educativa di Pino Arpioni. Alla figura del fondatore dell’Opera per la gioventù “Giorgio La Pira”, Turrini ha dedicato il recente volume “Pino Arpioni e La Vela. Sessant’anni di campi-scuola” per i tipi della Cooperativa Firenze 2000.

Orfano dall’età di un anno, Pino Arpioni completa gli studi come perito aeronautico. Divenuto militare, si ritrova in Germania costretto dai nazisti a duri lavori. Un’esperienza di vita decisiva per il suo interesse verso i giovani? 
“Quella della guerra, a cui fu chiamato poco più che diciottenne, costringendolo ad interrompere gli studi, fu l’esperienza che segnò la sua vita. Si rese conto che la sua generazione, anche quella formata cristianamente nelle parrocchie, si era fatta ‘montare la testa’ e si era ritrovata impreparata alla tragedia del conflitto. Fu in Germania che prese la decisione, se fosse tornato vivo, di dedicare tutta la sua vita all’educazione dei giovani”.

Proprio durante gli anni in Germania, Arpioni sogna di realizzare campi scuola per ragazzi affinché non debbano mai più subire l’orrore della guerra…
“Nell’estate 1944, mentre era a Rottweil, in un’infermeria, una notte si annotò cosa avrebbe voluto fare, tornato a casa. Lì c’è già in sintesi il suo metodo educativo: una formazione integrale dei giovani (istruzione religiosa, sport, cultura…), per formare uomini e cristiani veri, capaci di scegliere in piena libertà. Con i più grandi che aiutando i più giovani si educano a loro volta. E dall’esperienza della prigionia capì che la chiave di tutto era la vita insieme, che fa superare gli egoismi e crescere nell’amore”.

Come erano strutturati i primi campi? 
“Appena rientrato dalla guerra, divenne subito presidente della Giac (Gioventù italiana di Azione cattolica) della sua parrocchia, ad Empoli. E già da quella prima estate del 1946 volle che il tempo estivo, fino ad allora inutilizzato dall’Ac, anche perché il Fascismo non lo permetteva, diventasse un tempo di esperienze forti. I primi campi-scuola li fece con quei suoi ragazzi di Empoli andando con le tende sull’Appennino Pistoiese. Poi nel 1950 divenne presidente diocesano, quindi delegato regionale, ed ebbe l’intuizione che le esperienze forti per i giovani si potevano fare anche al mare, ritenuto fino ad allora poco adatto alla formazione e riflessione cristiana”.

Qualche anno dopo prese vita il villaggio “La Vela”… 
“In un verbale del Nucleo regionale della Giac del 31 ottobre 1952 c’è annotato il suo progetto, quello di costruire i due villaggi, uno all’Elba e uno sulla montagna Pistoiese. Quest’ultimo, il ‘Villaggio Il Cimone’ di Pian degli Ontani, fu inaugurato nel 1954. Per l’altro la difficoltà era trovare un terreno adatto. Dopo tante peripezie si presentò l’occasione di costruirlo su uno dell’Ente Maremma a Castiglion della Pescaia (Gr). Era l’estate del 1955. I primi campi furono per i figli degli assegnatari della bonifica dell’Ente Maremma. Ragazzi provenienti da famiglie molto povere, che in quei campi eleggevano anche un sindaco e gli assessori e accanto ad una formazione religiosa ne ricevevano anche una civile e sociale. Poi dall’anno successivo iniziarono a ‘La Vela’ i campi Giac”.

Dalla Giac nacque poi l’Opera villaggi per la gioventù, oggi Opera per la gioventù “Giorgio La Pira”… 
“Fu una necessità. Dopo le burrascose dimissioni di Mario Rossi, presidente nazionale della Giac, Pino cercò di resistere all’ondata di “normalizzazione” che giungeva da Roma. Ma nel 1956, con un pretesto (le sue condizioni di salute), lo dimissionarono da delegato regionale. Lui però continuò come nulla fosse nella sua attività educativa a favore dei giovani toscani, sempre in collegamento con i centri diocesani Giac e le diocesi. Nel 1959 diede vita all’associazione solo per avere una copertura giuridica nelle proprietà dei Villaggi, che non ha mai considerato come cose ‘proprie’. Solo con il passare del tempo e con la fine della Giac (con la riforma dello Statuto dell’Ac) quell’associazione da pura scatola giuridica divenne qualcosa di reale, senza mai diventare un movimento o qualcosa in antagonismo con l’Ac e le parrocchie. Anzi, la tessera dell’Ac l’ha tenuta fino alla morte, nel 2003”.

Hai un ricordo di Pino Arpioni e del tuo primo campo scuola? 
“Ho conosciuto Pino nel 1969, al mio primo campo-scuola a ‘La Vela’. Devo dire che dal mio paese, Greve in Chianti, eravamo in diversi e per noi era un’emozione forte e lungamente attesa perché conosciuta attraverso le testimonianze dei più grandi. Ci respiravi un clima diverso rispetto alle parrocchie, con una grande apertura ai temi sociali e dove ti sentivi considerato anche se avevi 12 anni. Pino poi aveva grandi capacità di stare con i giovani, di entusiasmarli alla vita e alla fede”.

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