000_Par7898048pdi Stefano Costalli
Il tour europeo del presidente Obama è iniziato con una visita in Polonia e si concluderà venerdì con la commemorazione dello Sbarco in Normandia. In mezzo, il G7 di Bruxelles e una serie di colloqui bilaterali con i principali alleati europei dovrebbero servire per concordare una strategia con cui affrontare la crisi ucraina e, quindi, i rapporti con la Russia. Confermando lo stile ondivago della sua politica estera, Obama finora ha lanciato segnali non perfettamente coerenti fra loro, ha usato molta retorica e non ha tracciato una linea di azione chiara. Prima di tutto, il presidente ha ignorato i consigli di quegli analisti che in patria gli facevano notare come obiettivamente per gli Stati Uniti sia importante mantenere buoni rapporti con la Russia, evitando di spingerla fra le braccia della Cina. Sia nel suo discorso in Polonia, che durante l’intervento alla cena del G7, Obama ha infatti dichiarato con toni molto decisi che gli Usa non tollereranno la politica aggressiva della Russia e non si rassegnano a quella che ha definito “l’occupazione militare della Crimea”. Dunque, Washington si schiera apertamente e risolutamente dalla parte dell’Ucraina, il cui neo-presidente è stato incontrato da Obama in Polonia. Per rafforzare questa sua presa di posizione, Obama ha annunciato che presenterà al Congresso un piano denominato “Iniziativa di rassicurazione europea”, che prevede lo stanziamento di un miliardo di dollari per finanziare una maggiore presenza di truppe americane sul suolo europeo, esercitazioni congiunte aggiuntive e rotazioni più frequenti di unità della marina americana nel Mar Baltico.
A fronte di questo progetto annunciato, il presidente americano non ha però manifestato l’intenzione di creare nuove basi americane in Polonia o nelle repubbliche baltiche, passo che quei Paesi vedono come il modo migliore per tradurre la garanzia americana in fatti concreti. Inoltre, se Obama ha affermato che la sicurezza dei membri della Nato situati in Europa orientale è “sacrosanta”, ha anche richiamato gli altri Stati europei a fare la loro parte, invitandoli esplicitamente ad aumentare le loro spese per la difesa, poiché gli Stati Uniti hanno la necessità di bilanciare gli impegni nei vari scacchieri. È facile notare una certa tensione irrisolta fra obiettivi confliggenti e fra il piano degli annunci e quello delle scelte concrete. Tuttavia, la forte sollecitazione rivolta agli Stati europei affinché aumentino i propri budget militari non rappresenta una novità, ma piuttosto una continuità nei rapporti fra Usa ed Europa da almeno dieci anni.
Gli Stati Uniti, per motivi di riposizionamento strategico o di semplice ridimensionamento dei costi, chiedono da molto tempo una maggiore partecipazione europea al mantenimento dell’architettura che sovrintende alla sicurezza del continente. Alcuni membri della Nato accettano di buon grado, altri fanno orecchie da mercante, l’Italia semplicemente non dà segno di avere un’opinione in materia e fa fatica a promuovere un serio dibattito pubblico su questi temi. Se l’approccio retorico e rigido di Obama alla crisi ucraina non è condiviso dall’Europa, come si pensa di affrontare la questione? Il nostro paese quale ruolo vuole svolgere in Europa, nei confronti della Russia, nel Mediterraneo, in Medio Oriente? Quali compiti vuole far svolgere alle nostre forze armate nel futuro prossimo? Alcuni analisti americani criticano Obama per le sue idee confuse in politica estera, ma il presidente Usa sembra essere in buona compagnia. D’altronde, ormai la politica è diventata ancella dell’economia.

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