Marco

Di Francesco Rossi

Lo stato di salute dell’Europa è un “caso serio”, ma non si può sottovalutare perché da lì passa il nostro futuro. “Europa al crocevia” è l’immagine utilizzata dalla Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana) per il suo 63° congresso nazionale (Padova, 8-11 maggio). Come in un crocevia bisogna scegliere la strada giusta, così oggi questa necessità si avverte per un’Europa in mano a populismi e crisi di fiducia, mentre l’“unione” sembra ancora solo economica. C’è da camminare verso “una rinnovata integrazione tra i popoli e le persone, che consenta a ciascuno di essi un’autentica fioritura nella casa comune europea”, si legge nel telegramma di Papa Francesco – a firma del segretario di Stato, cardinalePietro Parolin – inviato agli universitari cattolici per l’occasione.

Presente al congresso anche Marco Sprecacé rappresentante FUCI e collaboratore del nostro giornale.

Immaginare un’Europa diversa. Passa dai giovani, primariamente, questo compito. “Alimentare la fiducia – affermano i presidenti nazionali della Fuci, Rita Pilotti e Stefano Nannini – è ossigeno per i consumi interni e per la nostra economia, ma anche per le relazioni sociali. Chi ha fiducia nel futuro è in grado di mettere in campo progetti duraturi”. Tutti sono chiamati in causa, ma l’invito è soprattutto per le giovani generazioni. “A voi – si è rivolto con un messaggio il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino – è chiesto di contribuire a costruire la cultura della vita, in modo che l’uomo non sia ridotto a merce. Attraverso la vostra testimonianza dovete rendere possibile immaginare un’Europa diversa, nella quale le culture s’incontrino non sulla base di un’ideologia che si autodefinisce neutrale mostrando, in realtà, accanimento verso tutto ciò che costituisce l’umano e in particolare verso l’amore sponsale e la famiglia”. Per monsignor Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio e vicepresidente della Comece (Commissione degli episcopati delle Comunità europee), si tratta di aiutare l’Europa “a essere fedele al sogno e al progetto dei Padri fondatori”, superando quell’“eurosecolarismo” che ha portato a espellere la religione, perché “senza riferimenti alla tradizione culturale e alle questioni sociali si rischia di restare senza identità. Allora tutto appare fragile, provvisorio e incerto”.

Cittadini protagonisti. Economia e politica devono fare la loro parte, ma sempre al servizio dei popoli. L’economista Leonardo Becchetti porta l’esempio dell’“economia civile” come “salto in avanti, presa di responsabilità per cittadini e imprese”. Nell’immediato, Becchetti chiede di “cambiare l’indirizzo della politica monetaria, con una politica fiscale molto più espansiva, abbassando il tasso di cambio per ridurre la disoccupazione e mutualizzando il debito”. Sul fronte politico, invece, “il processo è bloccato da partiti nazionali che non sono riusciti a cambiare in un’ottica transnazionale e d’integrazione europea”, aggiungeMarco Mascia, docente di relazioni internazionali all’Università di Padova. La sfida è “costruire un’Unione politica”, ma per far ciò, aggiunge Mascia, “abbiamo bisogno del coinvolgimento dei cittadini, non bastano i gruppi d’interesse economico”. Oggi, “se l’Ue fosse uno Stato e volesse aderire all’Ue, non verrebbe accettata perché non è democratica”, chiosa Bruno Amoroso, docente di economia politica all’Università di Roskilde (Danimarca), ravvisando la necessità di “rifondare le istituzioni comunitarie” e dar vita a una “nuova convivenza”.

Scelte decisive. Quel che è certo è che la “cultura del denaro” rischia di soffocare l’Unione europea, e per questo gli universitari cattolici invocano “scelte decisive” a partire dall’immediato, dal semestre italiano di presidenza dell’Ue. “In primo luogo – chiedono – l’istituzione di un processo politico decisionale comune a livello Ue per il coordinamento delle politiche economiche, fiscali e di bilancio dei singoli Stati”. Poi un fisco europeo che possa “riscuotere imposte e finanziare stimoli economici specifici”, “collettivizzare il debito pubblico dei vari Paesi” e riformare la Banca centrale europea sul modello della Federal reserve statunitense “per mettere in campo una vera politica di espansione monetaria in grado di combattere la disoccupazione”. L’economia, per l’Europa, è importante, ma dev’essere al servizio degli uomini e dei popoli che, tutti insieme, oggi sono chiamati a dar vita a una nuova stagione. Per un’Europa che sia davvero unita, secondo quell’ispirazione che fu dei Padri fondatori.

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