Di Giovanni Pasqualin Traversa

Smarrimento, spaesamento, assenza di un progetto condiviso, crisi dei modelli educativi e antropologici. A pochi giorni dal grande incontro della scuola con Papa Francesco, il 10 maggio, e dal decimo anniversario della canonizzazione del fondatore, padre Annibale Maria Di Francia (16 maggio 2004), anche le Congregazioni dei Rogazionisti e delle Figlie del divino zelo scendono in campo proponendo quattro giorni (1-4 maggio) di riflessione a 360 gradi. Tema dell’iniziativa – la prima a livello internazionale per la Famiglia religiosa – “La pedagogia di Annibale Maria Di Francia. Nuove sfide educative”. Perché educare è generare alla vita, farsene responsabili, “accompagnarla”, darle un senso, e riguarda tutti, ciascuno secondo il proprio ruolo. Di qui l’idea di rivisitare e “attualizzare” l’eredità del Fondatore attraverso i contributi di docenti ed esperti di diversi continenti, partendo dalla convinzione che non esistano strategie precostituite e che al centro di ogni azione educativa debba sempre essere la persona. Nel suo messaggio a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, letto il 1° maggio in apertura dei lavori, Papa Francesco ha ricordato la figura di P. Di Francia, sottolineando che “il nostro tempo più che mai chiede buoni operai per la edificazione del regno di Dio”.

Azione educativa permanente. 
Inaugurando il convegno, padre Angelo Ademir Mezzari, superiore generale dei Rogazionisti, ha esortato a “sentirsi coinvolti in tutto quello che fa parte della vita degli educandi e delle loro famiglie”, impegnandosi “nella promozione della vita, dei diritti, delle politiche sociali”. “Dobbiamo essere – il suo monito – agenti sociali, educatori e operatori di pace e di riconciliazione partecipando, senza titubanza, alla rete degli organismi che promuovono la vita e i diritti dei piccoli, dei giovani e dei poveri”. Per madre Rosa Graziano, direttore scientifico dell’evento, occorre “passare da un’antropologia egocentrica a un’antropologia relazionale” tentando “un’azione educativa permanente, in grado di offrire un senso alla vita personale e collettiva”. Tra le sfide da affrontare in ambito strettamente scolastico, la “dispersione”, l’innalzamento delle competenze degli studenti, un migliore raccordo scuola-lavoro, lo “sviluppo della professionalità dei docenti”.

Unica e immutabile la verità sull’uomo.
 L’emergenza educativa e la globalizzazione sono stati i temi delle due relazioni che hanno scandito la prima giornata di lavori. “Il diritto di educare appartiene anzitutto alla famiglia”, ha affermato il filosofo Rocco Buttiglione, commentando la recentissima vicenda del liceo romano nel quale è stato fatto leggere a studenti quattordicenni un romanzo a contenuto omosessuale senza informarne preventivamente i genitori. Soffermandosi sulla complessità dell’impegno educativo, di cui fa parte anche “la trasmissione dell’identità sessuale”, Buttiglione ha chiarito che “virilità e femminilità sono dati culturali” non arbitrari, ma “elaborati su un fatto biologico”. Più in generale, ha sottolineato, la verità sull’uomo “è una e non cambia nel tempo”, ma i modi in cui essa “può essere falsificata sono infiniti”. La sfida consiste pertanto nel “rispondere alla riduzione/deformazione cui è esposta la verità”. Una sfida “particolarmente radicale” che riguarda anche “il livello della legislazione e della comunicazione di massa”. Da Buttiglione un secco “no” al tentativo d’impedire “l’affermazione pubblica del modello ‘naturale’ di famiglia che, in Italia, è anche il modello costituzionale”, e la necessità d’incoraggiarla “a credere in se stessa e a svolgere fino in fondo la propria funzione”.

Custodire l’umano. Per Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e ordinario di storia contemporanea presso la Terza Università degli studi di Roma, a cinquant’anni di distanza, il Concilio costituisce “una grande base nel mondo globale” per un cattolicesimo che voglia “custodire l’umano”. Secondo Riccardi, la globalizzazione ha svelato tutta la sua “problematicità”, ma la Chiesa, ancorché “infragilita nelle aree sviluppate”, ha “gli strumenti” per affrontarne le sfide perché, “di per sé, è strutturalmente un’organizzazione globale”. Anche l’attuale “mercato” delle nuove religioni, che “risponde ai bisogni di individui spaesati”, è conseguenza della “destrutturazione della ‘prossimità’ introdotta dalla globalizzazione, inaccettabile per il cristianesimo”, per il quale “fraternità, prossimità ai poveri, comunione tra le persone, educazione dei giovani sono valori irrinunciabili”. E se la Chiesa “è una globalizzazione fondata sulla comunione di fede”, essa è anche “una comunità concreta di uomini e donne”, con “una casa e un volto sul territorio” e un legame con la città. La Chiesa è inoltre “amica della famiglia”. Per questo, la conclusione di Riccardi, il cattolicesimo “non è spaventato dalla globalizzazione, ma propone all’uomo planetario una stabilità fatta di famiglia, città, comunità”.

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