Dell'Oglio“Chiediamo a chi lo detiene di dare a Paolo la possibilità di tornare alla sua libertà e ai suoi cari, e a tutte le istituzioni di continuare ad adoperarsi in tal senso”. Trentadue parole, centosessantotto caratteri. Sta tutto racchiuso in questo spazio, se ci si limita al “contatore” telematico, l’appello che i familiari del gesuita padre Paolo Dall’Oglio, rapito in Siria il 29 luglio 2013, lanciano oggi, in coincidenza con l’anniversario dei nove mesi dal suo sequestro. Dall’Oglio, 59 anni, romano, è scomparso nella regione settentrionale di Raqqa e, secondo quanto reso noto nei giorni scorsi da fonti degli insorti, sarebbe vivo e in mano ai fondamentalisti islamici dell’Isis, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante. Tutte le fonti hanno finora confermato che padre Paolo è vivo e si trova in una delle prigioni dell’Isis – formazione di derivazione qaedista ma in conflitto con l’altra fazione ispirata ad Al Qaeda, il Fronte al-Nusra – che da oltre un anno ha conquistato ampie zone della Siria Nord e Nord-Orientale. Da parte dell’unità di crisi del ministero degli Esteri italiano la vicenda viene seguita con il massimo riserbo. Fonti vicine ai negoziati “in corso” hanno riferito che da mesi ci sono contatti a vari livelli in Siria e all’estero per la sua liberazione.
Fin qui la cronaca. Ma nessuna parola umana è in grado di descrivere adeguatamente l’instancabile impegno degli “apostoli della pace” dei nostri giorni, che pagano prezzi altissimi semplicemente per il fatto di prendere posizione. Mai per la guerra e la violenza, sempre per il dialogo e la riconciliazione. Sempre a favore dell’uomo, e mai per tutte le caricature che ne deformano le sembianze fino ad arrivare ad annientarlo. Trentadue parole, centosessantotto caratteri. Un appello essenziale, sobrio, riservato, asciutto, che i lettori del Sir e dei settimanali cattolici si sentono di condividere, e lo fanno con fermezza e con slancio, in tutta la sua drammatica attualità e urgenza. Ricordando, insieme a padre Dall’Oglio, anche i due missionari vicentini rapiti in Camerun all’inizio del mese, Gianantonio Allegri e Giampaolo Marta, e i religiosi e le religiose che hanno subito la stessa sorte in Iran, Iraq e in molte altre parti del mondo. “Penso a padre Paolo”, aveva detto Papa Francesco il 31 luglio scorso, due giorni dopo che si erano perse le tracce del suo confratello. E nell’udienza del 9 aprile, Francesco ha citato il nome di un gesuita che ha perso la vita in Siria, padre Freans van der Lugt, per ripetere il grido di dolore – “Basta violenza in Siria!” – che aveva caratterizzato la giornata di preghiera del 7 settembre scorso, in piazza San Pietro. “Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace”, il grido sussurrato del Papa. Perché la violenza, e la guerra, non portano mai in quella direzione.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *