Di Maria Chiara Biagioni
Al dialogo non c’è alternativa. Le Chiese oggi sono chiamate a parlare con un’unica voce e ad agire insieme perché i problemi sono tanti e urgenti. Sofferenze, povertà, crisi ecologica, abuso delle religioni da parte dei poteri politici, guerre e soprattutto persecuzioni dei cristiani a causa della loro fede. Ecco perché Papa Francesco e il Patriarca ecumenico Bartolomeo si sono dati appuntamento a maggio a Gerusalemme. “Fratello Papa Francesco”, lo chiama il Patriarca in questa intervista rilasciata in esclusiva al Sir alla vigilia dell’incontro di Gerusalemme, a 50 anni dello storico abbraccio tra Paolo VI e il Patriarca Athenagoras che segnò l’inizio di un’era nuova nei rapporti tra cattolici e ortodossi.
Che cosa ricorda personalmente di quel momento e delle figure di Paolo VI e Athenagoras?
“Quando all’inizio degli anni ‘60, furono intraprese le iniziative pioneristiche tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa, eravamo ancora un giovane studente a Roma, mandato là dall’allora Patriarca ecumenico Athenagoras per proseguire gli studi in diritto canonico. Ricordiamo anche che alla fine di ogni anno scolastico eravamo invitati da Papa Paolo VI con altri studenti ortodossi. Il Papa si prendeva cura del nostro percorso accademico e dell’apertura verso le altre Chiese Cristiane. Quando l’incontro tra il Patriarca Athenagoras e Papa Paolo VI fu ben preparato, possiamo testimoniare gli scambi di visite tra le rispettive delegazioni al Vaticano e al Fanar. Entrambi i leader sono stati degli straordinari visionari, riconoscendo che la Chiesa di Cristo non poteva essere divisa se genuinamente aderiva alle parole di nostro Signore, ‘che i suoi discepoli siano una cosa sola’”.
Cosa vi ha spinto con Papa Francesco a ritrovarvi in maggio a Gerusalemme? Quale sarà lo scopo di questo incontro ecumenico? Che cosa hanno da dire le Chiese al mondo parlando a Gerusalemme?
“Quest’anno ricorre il 50° anniversario dell’incontro storico del Patriarca ecumenico Athenagoras e Papa Paolo VI a Gerusalemme. Siamo molto lieti che Sua Santità Papa Francesco abbia accettato la nostra proposta di incontrarci insieme in Terra Santa per commemorare questo evento storico da cui sono derivati relazioni e colloqui sempre più stretti. Il ‘dialogo dell’amore’ che loro hanno iniziato, ha condotto al ‘dialogo della verità’ tra le nostre due ‘Chiese sorelle’. È un imperativo essenziale incontrarci con Papa Francesco per mostrare il nostro comune impegno e parlare con un’unica voce come Chiese cristiane dell’Est e dell’Ovest sui problemi che affliggono le vite dei nostri fedeli e di tutte le persone nel mondo intero”.
Lei è stato vicino a Papa Francesco fin dall’inizio del suo Pontificato. Chi è per Lei Papa Francesco?
“È stata innanzitutto per noi una gioia partecipare alla Messa di inaugurazione di Papa Francesco un anno fa. Come abbiamo saputo la notizia della sua elezione, spontaneamente abbiamo deciso di partecipare alla sua intronizzazione di persona. Non era mai avvenuto prima in tutta la storia delle nostre due Chiese. Siamo convinti che i leader delle Chiese devono intraprendere passi decisi per riconciliare la Cristianità divisa e rispondere ai bisogni urgenti del nostro tempo. Certamente Papa Francesco è un leader sincero e altruista, che ha a cuore la divisione della Chiesa come anche la sofferenza del nostro mondo”.
La strada del dialogo in questi 50 anni ha purtroppo conosciuto tanti ostacoli, rallentamenti, nuove divisioni. L’unità dei cristiani e la piena comunione delle Chiese è ancora un orizzonte possibile? E quale via percorrere?
“Non ci sono dubbi che il cammino delle due Chiese negli ultimi 50 anni non sia stato facile. Ciò nonostante, lo spirito di amore fraterno e rispettoso ha fortunatamente preso il posto della vecchia polemica, alimentata da sospetti e giudizi. A livello teologico, ci sono alcuni documenti comuni importanti che sono il frutto della Commissione internazionale del dialogo teologico delle due Chiese. C’è ancora molto da fare e il percorso sembra essere lungo. Questa strada, comunque, deve essere intrapresa nonostante le difficoltà; non c’è alternativa”.
A marzo c’è stato un incontro molto importante: la Sinassi di tutti i Primati della Chiese ortodosse in preparazione del Sinodo pan-ortodosso indetto per il 2016. Che cosa ha significato per Lei questo incontro? E che cosa auspica dal Sinodo pan-ortodosso?
“L’assemblea (o Sinassi) dei capi delle Chiese ortodosse autocefale di tutto il mondo si è tenuta quest’anno dal 6 al 9 marzo. Lo scopo di convocare questa Sinassi era di affrontare questioni di interesse comune dei nostri vescovi e fedeli in varie parti del mondo, in modo particolare nelle regioni dove le persone stanno soffrendo a causa della persecuzione per la loro fede cristiana e dove la violenza militare ha creato disordini e oppressione. I Primi-Gerarchi hanno condannato ogni forma di crudeltà e brutalità causata dal fondamentalismo religioso o dal fanatismo. Un altro scopo del nostro incontro è stato anche quello di preparare il prossimo Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa che spero di poter annunciare molto presto: sarà la prima volta che un simile concilio ecclesiastico sia convocato in più di un millennio. Sarà un simbolo potente di unità tra le Chiese ortodosse”.
Il Papa sta invitando la Chiesa cattolica ad uscire nelle periferie anche esistenziali della vita per combattere la cultura dello scarto e annunciare il Vangelo dell’amore. Quale secondo Lei è la missione della Chiesa oggi?
“La sofferenza delle persone in ogni angolo del pianeta oggi; l’abuso della religione per scopi politici o di altro tipo; le difficoltà che i cristiani di tutto il mondo affrontano in particolare nelle aree dove la Chiesa cristiana, a prescindere dalle identità confessionali, è nata e cresciuta; le ingiustizie inflitte ai membri più deboli delle società contemporanee e l’allarmante crisi ecologica che minaccia l’integrità e la sopravvivenza stessa della creazione di Dio: tutto ciò chiede un’azione comune e la soluzione dei problemi che ancora ci dividono. Questo spiega perché, oggi, forse ancor più di 50 anni fa, c’è un urgente bisogno di riconciliazione e questo rende il prossimo incontro con il mio fratello Papa Francesco a Gerusalemme un evento di grande significato e aspettativa”.

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