SIRIA – «I cristiani di Siria hanno perso tutto e vivono tra gli aspri scontri con la costante paura di morire. Eppure molti di loro hanno deciso rimanere nel loro paese». Padre Ziad Hilal, gesuita responsabile dei progetti per i rifugiati ad Homs, racconta così la scelta coraggiosa di tanti fedeli siriani. In visita alla sede internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre il religioso ha ringraziato la fondazione pontificia per il grande sostegno alla sua comunità. Dall’inizio del conflitto ACS ha donato circa 3milioni di euro alla Chiesa siriana, con particolare attenzione ai numerosi progetti per i rifugiati e gli sfollati interni, ed ha appena stanziato un nuovo contributo in favore di 2mila famiglie cristiane di Homs e di altre 2mila famiglie che vivono nella cosiddetta Valle dei cristiani. ACS sta per “Aiuto alla Chiesa che Soffre” , è una Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione.

Gli ingenti bisogni dei tanti sfollati interni esigono tuttavia nuovi aiuti. Nella Valle dei Cristiani (Wadi al-Nasara), a circa 45 chilometri da Homs, hanno recentemente trovato rifugio altre 4500 famiglie. «Le generose donazioni ricevute purtroppo non sono sufficienti – spiega padre Ziad – oltre 12mila persone dipendono dal nostro sostegno». Disperata è la situazione anche nell’area di Homs, dove la Chiesa dona viveri, medicine e assistenza spirituale a circa 3mila famiglie. Il giovane gesuita, ordinato a Damasco nel luglio 2010, ricorda con particolare trasporto il coraggio di «21 fedeli che pur nel cuore di una città distrutta si sono stretti intorno al loro pastore, il religioso olandese Frans Van der Lugt, per difendere quel che resta della chiesa dei padri gesuiti».

Secondo quanto riferisce ad ACS l’arcivescovo melchita di Homs, Hama e Yabrud, monsignor Jean Abdo Arbach, nella regione di Homs sono rimasti circa 200mila cristiani di diverse denominazioni. Il presule racconta le vessazioni subite dai cristiani nella sua città natale, Yabroud, recentemente riconquistata dall’esercito di Assad. Fino a poche settimane fa a Yabroud i ribelli hanno imposto la legge islamica, distrutto qualsiasi simbolo religioso non islamico e obbligato i cristiani a pagare la jizya, la tassa imposta ai non musulmani durante l’impero ottomano. «In Siria noi cristiani viviamo nel terrore e non sappiamo quale futuro ci aspetta – afferma monsignor Arbach – ma non abbandoneremo la nostra terra natia».

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