Di Claudio Mazza
Collaboravo già da qualche anno con le Figlie del Divino Zelo, nella redazione della loro rivista “Dio e il Prossimo”, quando mi giunse l’invito di suor Rosalinda di raggiungerla l’11 maggio 1992 a Messina. Quel giorno tornava a casa la loro confondatrice, madre Nazarena Majone, morta a Roma nel 1939. L’8 gennaio di quell’anno era iniziato l’iter canonico del processo di beatificazione con conseguente traslazione delle spoglie della Serva di Dio (oggi Venerabile) nella chiesa messinese di S. Maria dello Spirito Santo, accanto alla casa-madre della Congregazione. Ricordo bene quel giorno. Sul molo assolato sembrava che fosse confluita l’intera città, tanta era la gente accorsa ad accogliere “mamma Zarena” che tornava da Roma. Erano le 10,30 quando la motonave “Agata”, annunciata dal triplice fischio della sirena di bordo, attraccò al porto di Messina. Un lungo e caloroso applauso accolse il feretro per poi accompagnarlo processionalmente, tra due ali di folla, fino allo “Spirito Santo”. Per me, che scendevo da Milano, dove raramente la manifestazione degli affetti va oltre la cerchia familiare, vedere la commossa attesa di quel ritorno a casa fu di grande impatto emotivo. Chi sarà mai questa donna che svuota una città che accorrere ad abbracciarla dopo oltre mezzo secolo di lontananza? Allora sapevo poco di madre Nazarena; si parlava di più del padre fondatore, il canonico Annibale Di Francia, oggi santo da dieci anni. Ma chi fosse lo scoprii presto.
Quartiere Avignone. Nata il 21 giugno 1869 a Graniti, nell’entroterra di Taormina, Maria (questo il nome di battesimo) era l’ultima di sei fratelli; rimasta presto orfana del papà condivise con la famiglia il lavoro dei campi e, nelle ore libere, il ricamo con la mamma e il catechismo in parrocchia. Nell’autunno del 1889 Gesù irruppe nella sua anima con l’aiuto di due suorine giunte in paese per la questua a favore dei poveri e degli orfani del canonico Di Francia che da poco si era insediato in un degradato quartiere messinese, detto Avignone dal nome del proprietario, con lo scopo di soccorrere ed evangelizzare gente senza Dio e senza pane. Affascinata dal loro racconto, decise di seguirle. È nata così la vocazione di Maria Majone: improvvisa e definitiva. Il 14 ottobre saluta i familiari e parte per Messina. Per i messinesi, che ne storpiavano il nome in ‘Mignuni, “era un lembo di terra maledetta, con tutti i vizi di Sodoma e Gomorra; un quadrilatero disegnato da file di catapecchie addossate l’una all’altra: topaie senza finestre che davano su uno sterrato più simile a una fogna a cielo aperto che a un cortile”. In quel guazzo maleodorante vivevano centinaia di persone nel più completo degrado sociale e morale. Lì fu accolta la ventenne Maria. C’era da scappare a gambe levate, invece lei chiese al padre Annibale: “C’è una chiesetta qui dentro?”. Avuta risposta affermativa, ribatté: “Se c’è Gesù, nulla può mancare”. Questo fu il suo sì alla chiamata vocazionale. A Maria l’anno successivo venne aggiunto il nome di religione: Nazarena.
Il terremoto. Il 28 dicembre 1908 è un giorno che Messina e le Figlie del Divino Zelo non dimenticheranno mai. Alle cinque e venti del mattino l’intera città venne distrutta dal terremoto. Solo trentasette secondi per piangere ottantamila morti. Che ne è delle orfanelle? Padre Annibale era a Roma e madre Nazarena a Taormina. L’indomani la Madre scese a Giardini e si precipita a Messina, incrociando convogli carichi di feriti. Raggiunge lo “Spirito Santo” scavalcando montagne di macerie, nello straziante spettacolo dei morti che giacevano insepolti. Arrivata all’orfanotrofio, in gran parte diroccato, si vide circondata dalle orfanelle, piangenti ma salve, e da un gruppo di suore… Racconta lei stessa: “Poi cominciai a chiamare una ad una le tredici novizie mancanti, ma ahimè! non c’erano più. Finsi di vendere coraggio e mi misi ad aiutare per accomodare l’accampamento della comunità; ma non potei proseguire, perché presa da svenimento: rimasi seduta e immobile a lungo”. Come non vedere in Nazarena l’icona della Madonna ai piedi della croce, quando tutto sembrava perduto? Ben le si addice la laude medievale di Jacopone da Todi “Stabat mater dolorosa iuxta crucem lacrimosa…”. Anche a madre Nazarena crollò addosso quel mondo che a fatica aveva cercato di costruire: ora ai poveri e agli orfani cui aveva dato un tetto e una speranza di vita si erano aggiunti quelli generati dal terremoto. Era la fine… Ma ecco intervenire la Provvidenza nei panni del vescovo di Oria: “Venite nelle Puglie, vi accogliamo noi”. È confortante costatare come, soprattutto nelle disgrazie, siano proprio i poveri a soccorrere per primi altri poveri! Madre Nazarena si attivò subito per partire verso quella terra ospitale. Dalle macerie tornò così a rifiorire la vita. Lo sbarco in continente sarà l’avvio di nuove opere: oggi le Figlie del Divino Zelo sono presenti in Italia con 30 comunità e con altre 40 nei Paesi di missione.
Gli anni del silenzio. Padre Annibale muore il primo giugno 1927. Alla nipote Agnese, allora giovane postulante, la zia Nazarena parve come “l’Addolorata ai piedi della croce”, in ginocchio accanto alla salma del fondatore con gli occhi rivolti al crocifisso: “Signore, sia fatta la tua volontà”. Che Gesù volesse associarla alla sua Passione, Nazarena l’aveva capito appena mise piede nel quartiere Avignone. Ora trascorrerà gli ultimi dodici anni nel silenzio, purificata nel crogiolo della sofferenza e resa degna di raggiungere padre Annibale in quel regno dove non vi sono né lutti, né lacrime, né dolori. Le prove cominciarono da subito. Morto il fondatore, venne indetto il Capitolo. Tutti attendevano la rielezione della confondatrice; invece, con un solo voto di scarto, venne eletta madre Cristina Figura. Fu un’amara sorpresa per tutti. Solo lei rimase serena; anzi, trovò la forza per dire: “Vi ringrazio, sorelle, mi avete sollevato da un grande peso e da una più grande responsabilità!”. Ma le vicissitudini non finirono lì. La Santa Sede nel 1932 decise di deporre quel Consiglio nominando una nuova superiora, madre Ascensione Carcò, e quale vicaria madre Majone per sottolineare la continuità della Congregazione nello spirito del Fondatore. Madre Nazarena scelse di tornare a Messina per consentire alla nuova superiora di esercitare l’autorità in completa autonomia. Vi rimane 15 mesi, prodigandosi come sempre in opere caritative. Richiamata a Roma nel 1934 vivrà gli ultimi anni assaporando, assieme alla malattia, l’amarezza dell’oblio, della solitudine e dell’incomprensione. La mattina del 25 gennaio 1939, ricevuto un frammento di Ostia, vola in cielo dal “suo” Gesù. Madre Nazarena, pur avvertendo le contraddizioni del suo tempo, non si è mai scoraggiata, né ha tentato rivoluzioni, ma ha speso il suo genio femminile. Ma cosa può dire Nazarena a noi, oggi? Soltanto parole di Vangelo! Perché lei ha camminato tutta la vita, passo dopo passo, con Gesù: da Betlemme al Golgota, ascoltandolo e facendo tesoro dei suoi insegnamenti. I gesti e le parole di Nazarena sono in fotocopia quelli del Nazareno. Nello stesso nome un destino!

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