Da Zenit Di Antonio Gaspari

Dal 5 al 19 ottobre 2014 si svolgerà, a Roma, il Sinodo straordinario sulla Famiglia. Per prepararlo al meglio è stato formulato – su volontà di Papa Francesco – un questionario con 38 domande inviato poi a tutte le diocesi del mondo.

Il segretario del Sinodo dei Vescovi, il cardinale Lorenzo Baldisseri, ha spiegato che dalla singole diocesi ci si aspetta “non solo quello che pensa il vescovo”, ma “una sintesi di quello che la gente pensa e come vive”, in modo “da avere il polso della base”.

In questo contesto ed in preparazione al Sinodo il cardinale Walter Kasper ha formulato una lunga e dettagliata relazione sul tema Il Vangelo della Famiglia al Concistoro straordinario del 20 e 21 febbraio.

Sabato 1° marzo l’intero testo della relazione del cardinale Kasper è stato pubblicato dal quotidiano romano Il Foglio. La vicenda ha destato enorme scalpore, non solo perché la pubblicazione non è stata autorizzata dall’autore, ma soprattutto perché sulla questione dei divorziati risposati e dell’accesso alla comunione è in atto una intensa discussione.

Prima ancora di leggere e capire quale fosse realmente il pensiero del porporato tedesco, sono piovute critiche e polemiche. Ma cosa ha detto veramente Kasper? Il testo completo della relazione del cardinale è stato pubblicato la scorsa settimana dalle edizioni Queriniana in un libretto di 78 pagine, dal titolo Il Vangelo della Famiglia.

Nel quinto capitolo, intitolato appunto Il problema dei divorziati risposati, il cardinale Kasper scrive: “Se si pensa all’importanza delle famiglie per il futuro della Chiesa, il numero in rapida crescita delle famiglie disgregate appare una tragedia ancora più grande. C’è molta sofferenza. Non basta considerare il problema solo dal punto di vista e dalla prospettiva della Chiesa come istituzione sacramentale; abbiamo bisogno di un cambiamento del paradigma e dobbiamo considerare la situazione anche dalla prospettiva di chi soffre e chiede aiuto”.

È chiaro, afferma il porporato, che “non si può proporre una soluzione diversa o contraria alle parole di Gesù. L’indissolubilità di un matrimonio sacramentale e l’impossibilità di nuovo matrimonio durante la vita dell’altro partner fa parte della tradizione di fede vincolante della Chiesa che non può essere abbandonata o sciolta richiamandosi a una comprensione superficiale della misericordia a basso prezzo”.

La domanda è dunque come la Chiesa può corrispondere al binomio inscindibile di fedeltà e misericordia di Dio nella sua azione pastorale riguardo i divorziati risposati con rito civile. Già la Familiaris consortio al numero 24 e la Sacramentum caritatis al numero 29, parlavano in modo amorevole di questi cristiani, assicurando loro di essere parte della Chiesa e invitandoli a partecipare alla vita di essa.

Certo “le situazioni sono molto diverse e vanno distinte con cura. Una soluzione generale per tutti i casi non può dunque esistere”. Anche la Congregazione per la Dottrina della Fede, già nel 1994, ha affrontato la questione, e papa Benedetto XVI ne ha sintetizzato la posizione durante l’Incontro internazionale delle famiglie a Milano nel 2012, ribadendo che “i divorziati risposati non possono ricevere la comunione sacramentale ma possono ricevere quella spirituale”.

Il cardinale Kasper sostiene che anche se la risposta dei Padri della Chiesa non era univoca “tuttavia, di principio è chiaro che la Chiesa ha continuato a cercare sempre una via al di là del rigorismo e del lassismo, facendo in ciò riferimento all’autorità di legare e sciogliere (Mt 16,19; 18,8; Gv 20,23) conferita dal Signore”. “Nel Credo – dice – professiamo: credo in remissionem peccatorum. Ciò significa: per chi si è convertito, il perdono sempre è possibile. Se lo è per l’assassino, lo è anche per l’adultero”.

In questo contesto il cardinale elenca alcune opzioni ai padri Sinodali: “Se un divorziato risposato: 1. Si pente del suo fallimento nel primo matrimonio, 2. Se ha chiarito gli obblighi del primo matrimonio, se è definitivamente escluso che torni indietro, 3. Se non può abbandonare senza altre colpe gli impegni assunti con il nuovo matrimonio civile, 4. Se però si sforza di vivere al meglio delle sue possibilità il secondo matrimonio a partire dalla fede e di educare i propri figli nella fede, 5. Se ha desiderio dei sacramenti quale fonte di forza nella sua situazione, dobbiamo o possiamo negargli, dopo un tempo di nuovo orientamento (metanoia), il sacramento della penitenza e poi della comunione?”.

“Mi auguro – continua il porporato – che sulla via di tale discretio, nel corso del processo sinodale riusciremo a trovare una risposta comune per testimoniare in modo credibile la Parola di Dio nelle situazioni umane difficili, come messaggio di fedeltà, ma anche come messaggio di misericordia, di vita e di gioia”.

In conclusione Kasper scrive: “Non possiamo limitare il dibattito alla situazione dei divorziati risposati e alle molte altre situazioni pastorali difficili che non sono state menzionate nel presente contesto. Dobbiamo prendere un punto di partenza positivo e riscoprire e annunciare il Vangelo della famiglia in tutta la sua bellezza”.

“La verità convince tramite la sua bellezza”, prosegue il cardinale, ed esorta: “Dobbiamo contribuire, con le parole e i fatti, a far sì che le persone trovino la felicità nella famiglia e in tal modo possano dare alle altre famiglie testimonianza di questa loro gioia. Dobbiamo intendere nuovamente la famiglia come Chiesa domestica, renderla la via privilegiata della nuova evangelizzazione e del rinnovamento della Chiesa, una Chiesa che è in cammino presso la gente e con la gente”.

“In famiglia – conclude il porporato – le persone sono a casa, o perlomeno cercano una casa nella famiglia. Nelle famiglie la Chiesa incontra la realtà della vita. Per questo le famiglie sono banco di prova della pastorale e urgenza della nuova evangelizzazione. La famiglia è il futuro. Anche per la Chiesa costituisce la via del futuro”.

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