indonesiaDi Umberto Siro

Il 2014 definirà il futuro, non solo politico, ma anche sociale ed economico, dell’Indonesia. Sono due gli appuntamenti elettorali: il 9 aprile le elezioni generali e il 9 luglio quelle presidenziali, con le quali saranno scelti il capo dello Stato e il suo vice. Gli appuntamenti elettorali cadono in un periodo estremamente difficile per il Paese asiatico, soprattutto per i fenomeni di corruzione e malaffare che dominano la scena pubblica. L’ultimo caso è quello dell’ex ministro dello Sport indonesiano, Andi Mallarangeng, rinviato a giudizio per una tangente di 852mila dollari, ricevuta attraverso il fratello e per la distribuzione illecita di denaro pubblico a una serie d’imprese coinvolte nella costruzione di un centro sportivo nella provincia di Giava occidentale. In totale, secondo l’accusa, lo Stato avrebbe perso una cifra pari a 40 milioni di dollari su un appalto totale di 220 milioni di dollari.

Le inchieste sulla corruzione. 
Il Parlamento indonesiano ha di recente varato nuove norme che limitano l’azione della Commissione anti-corruzione (Kpk), che negli ultimi tre anni ha eseguito una serie di operazioni di successo in tutto il Paese, colpendo casi di malaffare in vari settori: giustizia, politica ed economia. Le inchieste hanno comportato condanne pesanti, che hanno riguardato esponenti di spicco del Partito democratico e del movimento filo-islamista Prosperous Justice Party, fra i quali lo stesso leader Lufthi Hassan. Le pressioni della politica sulla Commissione sono aumentate nelle ultime settimane, quando si è fatta luce su una vicenda che riguarderebbe anche uno dei figli del presidente – Susilo Bambang Yudhoyono – il secondogenito Eddhie “Ibas” Bhaskoro Yudhoyono, già segretario generale dei Democratici, nei confronti del quale è stata aperta una procedura per l’attività di lobbying svolta durante un’asta riguardante concessioni nel settore del gas naturale.

Le iniziative della Chiesa cattolica. 
Nella nazione musulmana (sunnita) più popolosa al mondo (l’86% professa l’islam) – dove i cattolici, che sono poco più del 3%, sono spesso vittime di episodi di violenze e abusi, soprattutto nelle aree in cui è più radicata la visione estremista dell’islam – la Chiesa cattolica ha promosso corsi di formazione politica, per preparare i cittadini a scegliere in maniera “consapevole” i futuri leader e invitandoli alla partecipazione attiva al processo democratico. Nel corso degli incontri, vengono illustrate le posizioni, le idee politiche e vengono incoraggiati i cittadini alla partecipazione al voto. “Siamo attivi in diverse parrocchie della capitale – ha detto ad Asia News la presidente del Forum della comunità cattolica Vero W. Sulistyo – promuovendo dialoghi e confronti sui temi più urgenti e attuali del panorama elettorale. L’obiettivo primario resta quello d’incoraggiare al voto, perché esso è vitale per il futuro della nazione e persino della nostra Chiesa”. P. Guido Suprapto, direttore esecutivo della Commissione per i laici della Conferenza episcopale indonesiana, ha affermato che anche per i vescovi è importante “a livello morale e politico” la partecipazione dei cristiani alla vita attiva della nazione e delle sue istituzioni. Ciascun voto è un passo fondamentale nell’ottica di creare il futuro della nazione.

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