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Rockstar irlandesi ma servono la Chiesa: ecco i “The Priests”

priestsDi Riccardo Benotti
Oltre tre milioni e mezzo di dischi venduti, il successo internazionale e la ribalta sui palcoscenici di mezzo mondo. Sono numeri da rockstar quelli del gruppo musicale “The Priests”, composto da tre sacerdoti cattolici dell’Irlanda del Nord. Del terzetto, che canta assieme fin dagli anni ‘70 quando erano ancora studenti del St MacNissi’s College, fanno parte padre Eugene O’Hagan, suo fratello padre Martin e padre David Delargy. Con un palmarès d’eccezione, che annovera esibizioni di fronte alla Famiglia reale britannica e al presidente irlandese, “The Priests” ha cantato anche alla presenza di Benedetto XVI e di una folla di 80mila persone all’Hyde Park di Londra. Lo scorso anno, poi, si è messo in mostra in Vaticano davanti a Papa Francesco e a circa 6mila seminaristi. Con padreEugene O’Hagan, parroco di Ballyclare e Ballygowan e amministratore della chiesa del Sacro Cuore di Gesù e della chiesa della Sacra Famiglia nella diocesi di Down e Connor, abbiamo parlato di come si vive la passione per la musica da consacrato.
È una vocazione vissuta all’insegna della musica?
“La musica ha sempre avuto un ruolo importante nella vita della mia famiglia e mi ha aiutato a crescere. Mia madre aveva molto talento, suonava il piano e cantava ai miei fratelli e sorelle, e così sono cresciuto con la convinzione che scrivere musica e cantare in casa, in occasioni speciali, o anche quando gli amici o i vicini venivano a farci visita, fosse qualcosa di assolutamente normale”.
Si può quasi dire che la musica abbia anche contribuito a far nascere la vocazione…
“Anche nella vita della parrocchia, sin da bambini, siamo stati molto attivi, e la musica in questo senso ci ha aiutato a crescere nella fede. La musica è stata per così dire un ‘ponte’ verso la mia vocazione al sacerdozio. E di questo sarò eternamente grato”.
La musica può essere anche uno strumento di “conciliazione” con gli altri cristiani, ad esempio i protestanti?
“Assolutamente sì. Nel nostro tumultuoso passato in Irlanda del Nord, specialmente durante i miei primi anni di studio per diventare sacerdote, la musica giocava un ruolo importantissimo poiché riuniva insieme persone di comunità cattoliche e protestanti. È stata il mezzo attraverso il quale abbiamo potuto condividere culture ed esperienze diverse in un ambiente ‘neutrale’. Molti dei miei amici di lunga data si sono ‘forgiati’ in occasione di questi gioiosi eventi e occasioni. La musica era, e continua a essere, uno spazio in cui persone di religioni e culture diverse si sentono a proprio agio e possono essere se stesse”.
Vita religiosa, spiritualità, parrocchia. Come riuscite a conciliare tutto?
“Non è facile conciliare ogni cosa, ma è impressionante vedere cosa si può fare con un’attenta preparazione. I parrocchiani, i colleghi, i sacerdoti e i vescovi ci appoggiano molto. Continuiamo ad affrontare le nostre sfide quotidiane, a cogliere le opportunità come in ogni altra parrocchia del mondo, e in più ci sono quelle occasioni in cui noi, come ‘The Priests’, cantiamo in concerto nel nostro Paese e a volte anche all’estero”.
Cantare in giro per il mondo richiede tempo ed energie…
“Cerchiamo di fare il possibile per ridurre al minimo il tempo che passiamo lontano da casa. Questo ci permette di garantire che vi siano solo piccoli cambi o interruzioni nella normale vita parrocchiale. Sì, è una sfida, ma i nostri parrocchiani si sentono parte di quest’esperienza e ci appoggiano nel cammino. Siamo fortunati ad averli al nostro fianco”.
Quali sono i programmi per il futuro?
“Abbiamo ultimato una tournée di 4 settimane negli Usa e in Canada nel novembre scorso. Ciò è stato possibile solo dopo una lunga pianificazione che è durata diversi mesi. È stata un’esperienza magnifica. I nuovi programmi per il 2014 e per il futuro prevedono alcuni concerti dal vivo nel nostro Paese e forse anche alcuni live nel Regno Unito e negli Usa”.
Attraverso la musica portate avanti anche opere di solidarietà…
“Molti dei nostri concerti servono per raccogliere fondi per le persone e le comunità ecclesiali che li organizzano. Questo è un modo fantastico di conciliare musica e opere di carità, che è ciò che tentiamo di realizzare attraverso la musica”.