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La Chiesa non guarda agli omosessuali in quanto tali ma come figli di Dio (Prima parte)

The Courage è un apostolato che risponde alle esigenze di quelle persone attratte dallo stesso sesso, che si sentono escluse dalla Chiesa e che vogliono trovare la loro unità al di là dell’etichetta di omosessuali.
Nato negli USA, dove è presente in metà delle diocesi, il progetto si è poi diffuso in altri dodici paesi, sempre con l’obiettivo di aiutare chi abbia tendenze omosessuali, a vivere in castità, in uno spirito di amore e verità.
Per conoscere la realtà di The Courage,  Ann Schneible di ZENIT ha intervistato padre Paul Check, diventato direttore del progetto dopo la morte del fondatore, padre John Harvey.

Padre Paul, ci vuole raccontare in breve la storia dell’apostolato The Courage?
Padre Check: Nel 1980, il futuro cardinale arcivescovo di New York, Terence Cooke, ebbe l’intuizione di creare un apostolato che si occupasse delle persone bisognose della sollecitudine materna della Chiesa e della sua carità pastorale, persone che si sentissero estranee alla Chiesa o che addirittura la odiassero. Il cardinale chiese quindi a padre Benedict Groeschel di aiutarlo in un nuovo apostolato rivolto a uomini e donne con tendenze omosessuali, perché comprendessero l’amore di Cristo per loro, il posto loro riservato nella Chiesa, la loro chiamata ad una vita di castità, e le grazie che Dio avrebbe loro concesso se si fossero aperti a Lui.

Padre Groeschel conosceva un sacerdote che da molti anni studiava questioni legate all’omosessualità, un vero pioniere in questo campo: padre John Harvey, un oblato di San Francesco di Sales.

Nel 1980 sette uomini si incontrarono a Manhattan, sotto la guida di padre Harvey e formularono i cinque obiettivi di Courage: castità, preghiera e dono di sé, amicizia in Cristo, bisogno amicizie caste e diffusione del buon esempio.

Oltre a formare questi gruppi di sostegno, The Courage offre formazione per sacerdoti e seminaristi, aiutandoli a comprendere la loro sfida nella comprensione della complessità dell’omosessualità e aiutare, a loro volta, uomini e donne con questa inclinazione.

Come può essere definita e compresa l’attrazione per il proprio sesso? E come possono definire se stesse, le persone omosessuali?
Padre Check: Questa domanda va davvero al cuore del nostro lavoro. Il linguaggio è molto importante, perché le parole evocano immagini, idee e talora problematiche molto radicate. C’è infatti molta sensibilità sul linguaggio, si dà molto peso alle parole.
Cerco di approcciarmi molto attentamente alla questione dell’identità, da due prospettive, così come fa la Chiesa, seguendo l’esempio di Cristo. Nel Vangelo, il Signore impegna le persone in due modi: il primo è nell’insegnamento di gruppo, come avviene, ad esempio, nel Discorso della Montagna. Al tempo stesso, però, Nostro Signore coinvolge le persone individualmente, incontra le singole anime e presenta loro la Buona Novella in una maniera molto precisa, chiara ed intima, per guidarle ad una più profonda conoscenza di se stessi.

Ciò rappresenta una sfida, poiché la Chiesa vuole trasmettere il suo messaggio ma anche incontrare personalmente le donne e gli uomini.

Dobbiamo tenere presente che l’identità reale e quella percepita possono non coincidere.

La sua domanda esige una lunga premessa che spero sia di aiuto, di modo che quel che sto per dire non sembri insensibile o ignorante della realtà vissuta. Non possiamo mai dire: “la tua esperienza di te stesso non è valida”, come se di quella persona ne sapessimo più di quanto ne sappia lei stessa.

Pertanto il vocabolario della Chiesa è selezionato con molta attenzione e, nel corso degli anni, è diventato sempre più preciso. Dicendo questo intendo dire che la Chiesa è molto attenta a misurare tutti gli aspetti dell’esperienza umana, a seconda della loro importanza e per dare alle cose il loro giusto peso.

La Chiesa evita di etichettare una persona in base alla sua inclinazione sessuale, senza per questo sottovalutare o essere insensibile alla concezione che ognuno ha di se stesso. Penso sia interessante notare che la domanda più importante mai posta nella storia dell’umanità riguarda l’identità. Gesù, del resto, chiese agli Apostoli: “Chi dite che io sia?”.

Quando la Chiesa parla di omosessualità, ne parla nel più ampio contesto della castità. La castità è una virtù che neutralizza le false aspirazioni, regolando l’appetito sessuale secondo la giusta ragione ed il progetto di Dio per la natura umana. Un cuore casto è un cuore in pace, che dà tutto se stesso, a seconda del suo stato di vita, e in questo dono di sé, trova la sua realizzazione. Una delle più grandi sfide che la Chiesa sta fronteggiando oggi è quella di proporre la castità come parte della “buona novella”, ma Gesù lo ha fatto e anche noi possiamo farlo.

Quindi, la Chiesa presta molta attenzione a chi realmente è ognuno di noi, non semplicemente come persona con tendenze omosessuali ma come figlio di Dio, redento dal Preziosissimo Sangue di Cristo e chiamato alla grazia in questa vita e alla gloria nella vita che verrà. La Chiesa dice: le attrazioni verso il proprio sesso possono essere un aspetto significativo della tua esperienza di vita o anche della tua auto-comprensione, tuttavia cerca di non vedere te stesso soltanto attraverso le lenti dell’omosessualità.

La Chiesa parla con attenzione e carità quando parla di tendenza o attrazione omosessuale, piuttosto che usare sostantivi come “omosessuale”, “lesbica” o “gay”.