Di M. M. Nicolais

Le beatitudini come “novità rivoluzionaria”. È questo il tema scelto da Papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale della gioventù (testo integrale: clicca qui). Tre le beatitudini che scandiranno il cammino di preparazione al grande appuntamento a Cracovia, nel 2016: la prima, per quest’anno, è “Beati i poveri di spirito perché di essi è il Regno dei cieli” (Mt 5,3). Che ne pensano i diretti interessati? Lo abbiamo chiesto ai giovani che popolano le associazioni e i movimenti ecclesiali.

Ferite come “feritoie”. “Pieno di energia”: così Marco Sposito, vicepresidente dell’Azione Cattolica per il settore giovani, definisce il messaggio del Papa, in cui Francesco ricorda ai giovani che “la via maestra per la felicità è Gesù” e, nello stesso tempo, non nasconde che “le nostre strade, le vite dei giovani, non sono semplici”. Ma “ogni ferita può diventare una feritoia dove far passare un po’ di luce, un po’ di Gesù”, commenta Marco, che si schiera decisamente con il Papa, quando chiede alle nuove generazioni di “essere generatori di energia anche per altri giovani”. Per l’Azione Cattolica, poi, un incoraggiamento in più viene dal beato Piergiorgio Frassati, citato anche dal Papa nel suo messaggio, con il suo invito a “vivere, non vivacchiare”. “Oggi l’evangelizzazione passa solo per contagio”, afferma il Papa. “Anche la nostra fede, più che per dottrina, passa per contagio”, rilancia Marco: “Anche noi giovani dobbiamo stare attenti a non fare troppa teoria, cominciando a vivere quello che diciamo”. Per “vivere la povertà”, tema centrale della prima beatitudine assegnata ai giovani come argomento di riflessione dal Papa, “bisogna toccare, accarezzare i poveri, stare con loro”. In una parola, “consumare un pezzo di sé stessi con gli altri e per gli altri”, sintetizza Marco.

“Oggi la differenza la fa la bontà”. Ne è convinta Rossella Santoro, che ad Aversa è responsabile diocesana di Rinnovamento nello Spirito, dove “milita” da dieci anni e ha vissuto l’esperienza di condividere due Gmg, Roma e Madrid. “Il Papa nel suo messaggio chiede a noi giovani il coraggio della felicità”, dice: “C’interpella, chiedendoci cosa voglia dire essere beati, e lo fa perché decidiamo quale strada vogliamo percorrere”. Ma non tutte le direzioni sono indifferenti: “Quella che ci indica il Papa è la povertà di spirito, perché il Regno di Dio appartiene ai piccoli”. Una frase, in particolare, ha colpito Rossella, ed è il versetto tratto dalla Lettera ai Filippesi, in cui san Paolo esorta: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Gesù Cristo”. “La povertà, la piccolezza, non solo materiale ma spirituale, è qualcosa oggi di poco richiesto”, osserva Rossella, che identifica nella “prossimità” una delle parole-chiave del messaggio: “Prossimi all’altro come Maria, nel Magnificat”. “Il cristiano, se non si vede, non è un vero cristiano”, ammonisce Rossella sulla scorta di uno dei testi più meditati all’interno del cammino del Rinnovamento: la Lettera a Diogneto. “La freschezza dell’annuncio, della testimonianza – assicura Rossella – risalta ancora di più in noi giovani. Perché i giovani, quando si impegnano sul serio, sono molto più radicali degli adulti”.

Sobrietà e solidarietà. Quando parla di “felicità”, il Papa “non dimentica il contesto storico e sociale in cui le giovani generazioni sono inserite”. Per Giuseppe Failla, delegato delle Acli per i giovani, il riferimento del messaggio alla povertà è legato all’attuale momento di crisi e al generale “processo di impoverimento” che sperimentano anche i giovani. Il Papa, però “non dà solo parole di speranza, ma offre una chiave di lettura per la fuoriuscita dalla crisi economica: indica come contrastare questo fenomeno, e lo fa attraverso la richiesta di uno stile di vita sobrio e solidale”. In questo modo, Francesco “tocca il cuore di tutti i giovani, anche di quelli che sono in ricerca o professano altre religioni, senza nascondere loro che si tratta di una strada piena di difficoltà e di contrasti”. Parlare ai giovani di “sobrietà delle scelte”, all’apparenza, può sembrare una sorta di aggravante, “quando già molti di loro vivono in condizioni di privazione, costretti dalla disoccupazione”. Eppure, “proprio la richiesta di un nuovo stile di vita è una delle reali soluzioni alla crisi a cui tutti siamo chiamati”, commenta Giuseppe.

“Voi aspirate davvero alla felicità?”. Sta in questa domanda esigente del Papa la “sfida” da raccogliere, sostieneLuca Giuliani, di Comunione e Liberazione, secondo il quale l’invito di Francesco è “ad aprire gli occhi, ad uscire dal bunker come diceva Benedetto XVI, o ad aprire le porte – per usare le parole di Giovanni Paolo II – verso le periferie profonde anche del nostro cuore, dove sono rinchiusi i nostri desideri”. La felicità, in particolare, “è spesso collegata ad una vita senza ostacoli, o al farci bastare i nostri desideri materiali. Ma dopo un po’ questi desideri materiali non ci bastano più”. E, allora, arriva la “scoperta” della “rivoluzione” di Papa Francesco. Luca la traduce così: “Cristo non è venuto a risolvere i problemi, ma a rimetterci al nostro posto, nella posizione giusta”. Che è quella della “vita come tensione, cammino, ricerca”. Vita come “mendicanza”, che sa vedere nei poveri dei “maestri”. Perché “tutti siamo nel bisogno”, e “ciò che conta non sono tanto i bisogni materiali, a cui ovviamente occorre dare risposta, ma il cercare ciò che compie questo bisogno”.

 

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