Bando ai festeggiamenti. La laurea non è più un traguardo da celebrare con gioia. O almeno non nelle università di Pavia e di Bergamo, che di recente hanno introdotto un regolamento nel quale si indicano i comportamenti da evitare durante le sedute di laurea per preservare il decoro dell’ateneo. Allo studente si chiede di firmare un’apposita dichiarazione, assumendo un impegno formale, e se a Pavia la proposta iniziale di prevedere il pagamento di una cauzione è stata bocciata, a Bergamo si avvisa che “in caso di inosservanza di tali regole l’Ateneo provvederà a segnalare l’accaduto alle autorità competenti”.
I regolamenti approvati, a Pavia in ottobre e a Bergamo in dicembre adducendo recenti intemperanze di alcuni, non vietano in assoluto i festeggiamenti – l’invito è a gioire moderatamente – ma mettono il bon ton universitario al di sopra degli anni di fatica dello studente, dei sacrifici (economici, ma non solo) delle famiglie, della voglia di condividere un momento di svolta nella propria vita con gli amici, la stessa famiglia e gli stessi amici che probabilmente hanno sopportato tutte le ansie pre-esame.
Perciò non solo niente petardi o fumogeni (contro i quali basterebbe il buon senso) ma anche niente cori, niente canti, niente travestimenti, niente manifesti (neppure quelli tenuti in mano fuori dall’aula e non appesi); perfino lo spumante e i brindisi sono di troppo e chissà se non urti il pudore accademico pure il proliferare di corone di alloro. In passato già La Sapienza a Roma e la Bocconi a Milano, quest’ultima con tanto di bodyguard, si erano distinte per il rigore, ma viene da chiedersi se l’eccesso di pochi casi debba rovinare un momento che per tutti resterà un ricordo indelebile e che merita di essere onorato, con sobrietà e senza mancare di rispetto, per quello che è: il termine di un percorso di studi iniziato da bambini e un giorno di gioia. Che come tale è un diritto festeggiare. Magari con una bella foto ricordo. Ma guai a sorridere.

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