Silvia Guzzetti

Qualche mese dopo Westminster, anche il Parlamento di Edimburgo ieri ha dato il via libera, con 105 voti su 180, ai matrimoni omosessuali. Le prime cerimonie si svolgeranno a ottobre e seguiranno quelle previste a marzo in Inghilterra.

Sono le élites a volere le unioni gay. Come era già capitato a Westminster, lo scorso luglio, anche a Edimburgo sono state le élites politiche, sociali e culturali a volere, a tutti i costi, una legislazione contro la quale hanno firmato oltre 50.000 persone, in tutta la Scozia, e che è stata contrastata, fino all’ultimo momento, dalle due più importanti religioni del Paese, quella cattolica e quella presbiteriana, rappresentata dalla “Church of Scotland”. Entro il 2014 il Nord Irlanda rimarrà l’unica parte del Regno Unito dove il matrimonio tra omosessuali sarà ancora illegale.

Manca la protezione per le organizzazioni religiose. Proprio la presbiteriana “Church of Scotland” ha espresso, insieme ai leaders cattolici, preoccupazione per la mancanza di sufficienti garanzie per le organizzazioni religiose, che non condividono l’idea di matrimonio proposta dalla nuova legge, e dubbi sulla velocità con la quale si è svolto l’intero processo. Ieri, infatti, sono stati bocciati diversi emendamenti che puntavano a proteggere individui e istituzioni che sostengono la concezione naturale del matrimonio come impegno di vita di un uomo e una donna. Né è servita la lunga campagna, per contrastare la legge, organizzata dalle Chiese cristiane e durata ben due anni.

Contrari il 64% dei cittadini interpellati. Quando il governo ha lanciato il progetto di consultazione, il 64% delle persone interpellate si sono dette contrarie ai matrimoni gay, la percentuale più importante mai raccolta fino ad oggi in un sondaggio popolare. Eppure i partiti scozzesi, dallo “Scottish National Party”, il più importante, che si batte per l’indipendenza scozzese, a quello laburista, ai liberaldemocratici, ai conservatori e ai verdi, hanno tutti votato a favore della legge.

I timori di azioni legali contro la Chiesa. Secondo l’arcivescovo di Glasgow, Philip Tartaglia, “non è possibile predire, con precisione, quale impatto la legislazione sui matrimoni gay avrà sulla società in generale o sulla comunità cattolica. Non sembra che essa costringerà i sacerdoti cattolici o la Chiesa a celebrare matrimoni con persone dello stesso sesso. Tuttavia, non possiamo escludere l’eventualità che, in futuro, alcuni individui, inizino un’azione legale contro un sacerdote cattolico o la Chiesa perché non accettano di celebrare matrimoni gay”.

A rischio la libertà di opinione. “Siamo preoccupati perché sono a rischio la libertà di praticare la propria religione e di esprimere la propria opinione”, spiega John Deighan, che rappresenta la Chiesa cattolica al Parlamento scozzese. “A chi lavora nel settore pubblico come assistenti sociali, infermieri, pompieri, poliziotti potrebbe venire chiesto di promuovere, in vari modi, i matrimoni gay e queste persone potrebbero perdere il lavoro se si rifiutano di farlo”. “Ancora più grave – aggiunge – il fatto che la legge comincerà a diffondere l’idea, tra le persone, che non importa avere un padre e una madre e, col tempo, assisteremo a un’ulteriore frammentazione della vita familiare come diretta conseguenza di questa nuova mentalità”.

Scontro tra religione e secolarizzazione. Secondo il rappresentante della Chiesa cattolica al Parlamento, esiste uno scontro, in questo momento, tra i valori religiosi e una società sempre più secolarizzata. “La “Secular society”, ovvero la “Società per la secolarizzazione”, che rappresenta chi non crede in Dio, ha proposto che i genitori possano scegliere le lezioni di religione per i propri figli mentre, in questo momento, queste ore d’insegnamento sono date per scontate. Sono sempre i sostenitori della secolarizzazione a volere che vengano esclusi, dagli enti educativi dove si decide dei programmi scolastici, i rappresentanti della Chiesa cattolica e di quella presbiteriana.

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