SiriaDi Daniele Rocchi

SIRIA “Un inizio molto modesto ma su cui si può costruire”.
Lascia la finestra aperta il negoziatore internazionale per la Siria Lakhdar Brahimi, al termine, il 31 gennaio, della prima sessione di negoziati tra Regime siriano e Opposizione che si è svolta a Ginevra.
Dalla città svizzera non è uscito nessun risultato concreto. L’unico, anche se altamente simbolico, è stato un minuto di silenzio per “tutte le vittime” della violenza che le due parti hanno accettato di osservare insieme.
Gli 11 paesi del “Core group of the Friends of Syria” vicini all’Opposizione, tra cui Usa e Paesi occidentali compresa l’Italia, oltre ad Arabia Saudita, Qatar e Turchia, hanno addossato al regime la responsabilità della “mancanza di reali progressi” lodando la volontà degli oppositori di proseguire i colloqui di Ginevra. Dal canto suo il ministro degli Esteri del regime, Walid al Muallim, ha detto che coloro che combattono contro il governo sono solo terroristi ed estremisti islamici. E mentre a Ginevra le parti si rimpallavano le responsabilità del conflitto in Siria, la gente continuava a morire: sono state circa 1.900, di cui quasi 500 civili, le vittime delle violenze dall’inizio della conferenza, il 22 gennaio, secondo quanto riferito dall’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). E nuovi bombardamenti sono in corso, oggi 3 febbraio, su Aleppo.
Il totale delle vittime, dall’inizio della guerra (metà di marzo 2011), ha raggiunto quota 136.277 (47998 i civili), 7300 bambini. Sull’esito della Conferenza di Ginevra abbiamo intervistato il vicario apostolico di Aleppo, città martire di questo conflitto, il francescano Georges Abou Khazen.

Come avete vissuto ad Aleppo i giorni della Conferenza e come avete accolto la notizia del mancato risultato?
“Per noi si è trattato di un grande dispiacere. Tuttavia continuiamo a sperare che un qualche cosa di positivo si possa raggiungere”.

Il prossimo round negoziale è previsto il 10 febbraio: potrebbe essere la volta buona per un primo accordo?
“Dobbiamo sperarlo. È chiaro che nessuno si aspettava che le parti in lotta trovassero un accordo in pochi giorni alla luce di un conflitto che sta provocando spargimenti di sangue, distruzione e sofferenze inaudite. Non è facile, ma sperare in decisioni coraggiose e pregare per queste, sono le uniche cose che possiamo fare adesso”.

Sono falliti anche i negoziati per porre fine all’emergenza umanitaria. L’unica cosa su cui le parti in lotta si sono accordate è stato il minuto di silenzio per le vittime della guerra…
“Il mio auspicio è che si raggiungesse almeno un accordo dal punto di vista umanitario, per dare sollievo alla popolazione ormai prostrata da anni di conflitto e di violenza. Invece nemmeno questo. Voglio sperare che si possa partire da questo minuto di silenzio osservato insieme per arrivare ad altri punti condivisi, come aprire corridoi umanitari”.

A suo avviso cosa ha impedito il raggiungimento di ogni accordo, anche minimo?
“Ho la sensazione che invece di discutere solo della crisi siriana si sono affrontate anche questioni regionali ed internazionali e ciò non fa che complicare le cose. Nonostante ciò, vogliamo continuare a pregare affinché le due parti arrivino ad un punto di incontro per avviare un vero cammino di riconciliazione”.

Quale dovrebbe essere il ruolo della comunità internazionale in questi Colloqui?
“Il ruolo è quello di accompagnare le due parti, facendo giusta pressione, perché trovino un accordo, evitando di mettere sul tavolo i propri interessi nella Regione. Se saranno gli interessi internazionali a prevalere allora arrivare ad un accordo sarà sempre più complicato. Al contrario se a prevalere sarà il dossier siriano sono certo che un accordo, prima o poi, sarà raggiunto”.

Difficile dialogare quando ci si accusa reciprocamente come avvenuto a Ginevra…
“Non aiuta, ma credo sia il gioco delle parti. Quando verrà fatto il primo passo avanti, allora arriverà anche il secondo, il terzo e così via. I Paesi internazionali devono aiutare le parti contendenti a dialogare tra di loro e non ad accusarsi”.

Le notizie che arrivano da Aleppo parlano di bombardamenti e scontri. Come vive la popolazione?
“Purtroppo si combatte e soprattutto nelle periferie dove la situazione è più grave. Si registrano diversi morti. Qualche miglioramento nella vita quotidiana tuttavia c’è. L’energia elettrica viene erogata per diverse ore al giorno, ed anche l’approvvigionamento idrico è migliorato. Più facile reperire il cibo rispetto alle settimane scorse. Sono piccoli spiragli di una luce ancora troppo lontana. Per questo chiedo a tutti di pregare per il nostro Paese, perché trovi pace e perché i colloqui di Ginevra portino a dei risultati concreti nel campo della riconciliazione”.

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