Per gli immigrati che vivono in Italia il rischio povertà a causa della crisi è doppio rispetto a quello degli italiani. Le persone residenti di cittadinanza straniera sono in Italia 4.387.721, il 7,4% della popolazione. L’incremento di presenze di oltre 334mila unità nel 2013 è dovuto principalmente ai nuovi nati. Nel 2012 i figli nati da entrambi i genitori stranieri sono stati 80.000, ma se si aggiungono quelli nati da coppie miste si arriva a 107.000. Sono alcuni dei dati che emergono dal XXIII Rapporto immigrazione Caritas/Migrantes intitolato “Tra crisi e diritti umani”, presentato oggi a Roma. Il Rapporto viene proposto in una nuova veste grafica, con i comitati di presidenza e scientifici rinnovati e più attenzione ai contenuti culturali e qualitativi, più che ai numeri, su base Istat. Grande attenzione è data alle esperienze di accoglienza nelle diocesi. Durante l’incontro è stato annunciato che il 1° febbraio sarà inaugurato a Lampedusa un Centro operativo Caritas realizzato con la Caritas diocesana di Agrigento. E durante l’anno sarà realizzato anche un Rapporto sull’asilo.
Nel mondo e in Europa. Nel 2012 oltre 232 milioni di persone (più del 3% della popolazione mondiale) ha lasciato il proprio Paese. Nel 2000 erano molte di meno: 175 milioni. Questo significa che le migrazioni sono un fenomeno ineluttabile e inarrestabile, aggravato ancora di più da situazioni di crisi, povertà, conflitti, calamità naturali. L’Europa e l’Asia accolgono, ciascuna, oltre 70 milioni di migranti: sono i continenti con il maggior numero di migranti, pari ai 2/3 del totale mondiale. “La crisi economica mondiale – si legge nel Rapporto -, che continua a colpire duramente molti Paesi europei, ha segnato la chiusura di una fase di straordinaria crescita dell’immigrazione, avvenuta soprattutto nell’Europa del Sud, e con ogni probabilità si avvia a diventare un punto di svolta importante nella storia del fenomeno”.
L’impatto della crisi in Italia. In Italia le famiglie dei migranti si trovano in una posizione di svantaggio, visto che il rischio povertà interessa la metà delle famiglie, con un’incidenza quindi più che doppia rispetto agli italiani. Il reddito medio delle famiglie immigrate è il 56% di quello degli italiani. E un quarto degli stranieri non riesce a pagare con puntualità affitti e bollette (rispetto al 10,5% e all’8,3% degli italiani). Anche le condizioni abitative sono tre volte più difficili per gli stranieri, che spesso vivono in case sovraffollate. Riguardo alla disoccupazione, mentre per gli italiani il fenomeno colpisce soprattutto i più giovani, tra gli stranieri chi perde il lavoro è soprattutto il capofamiglia, spesso unica fonte di sostentamento per tutta la famiglia. Sul fronte criminalità gli stranieri commettono principalmente reati contro il patrimonio o legati allo spaccio di droga, in posizioni di prevalente “manovalanza”. I dati sulle denunce e le detenzioni al primo gennaio 2013, fanno registrare una contenuta tendenza all’incremento, sia fra le denunce ascritte agli stranieri (276.640 nel 2011), sia al numero dei detenuti (23 mila).
Via reato di clandestinità e Cie. Durante la presentazione monsignor Giuseppe Merisi, presidente di Caritas italiana, ha espresso “viva soddisfazione per il percorso parlamentare volto a un superamento del reato di clandestinità, come da sempre da noi auspicato”. “L’abolizione del reato di clandestinità – ha aggiunto Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas italiana – è solo un passo verso il superamento dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione), che rappresentano un sistema di misure inefficaci e inadeguate a rispettare i diritti dello straniero”. Cinque le proposte conclusive elencate da monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes: “L’immigrazione continua, ma non aumentano gli immigrati: più che venire da fuori sono dentro le nostra città, con nuovi nati, sono più studenti e meno lavoratori; superare i Cie, pericoli per la sicurezza; il crimine della tratta chiede più investimenti in protezione sociale; il riconoscimento delle discriminazioni in Italia è debole; le fedi chiedono più ecumenismo e dialogo interreligioso”.
La voce delle istituzioni. “L’Italia deve essere un esempio in Europa in materia d’immigrazione, passando da un approccio emergenziale e securitario a una reale integrazione”: è l’auspicio espresso dal ministro per l’IntegrazioneCécile Kyenge. Per Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, “senza i migranti saremmo meno ricchi sia economicamente che spiritualmente”. “Il reato di clandestinità – ha affermato – è una regressione politica e culturale di centocinquanta anni, quando era possibile sanzionare qualcuno non per quello che faceva ma per quello che era”.

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