Di Alberto Campaleoni
Torniamo a parlare di edilizia scolastica. È stato infatti pubblicato “Ecosistema scuola 2013”, il rapporto annuale sulla qualità dell’edilizia e i servizi scolastici di Legambiente, giunto ormai alla XIV edizione.
Le notizie, ancora una volta, non sono confortanti. Il “parco scuole” della nostra Italia è messo male. Oltre il 60% degli edifici scolastici – spiega Legambiente – è stato costruito prima del 1974, data dell’entrata in vigore della normativa antisismica. Il 37,6% delle scuole necessita d’interventi di manutenzione urgente, il 40% è privo del certificato di agibilità, il 38,4% si trova in aree a rischio sismico e il 60% non ha il certificato di prevenzione incendi.
L’indagine ha preso in esame la qualità delle strutture e dei servizi della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado di 94 capoluoghi di provincia. Ben 5.301 edifici scolastici. La verifica di vulnerabilità sismica è stata realizzata solo sul 27,3% delle scuole. Nei Comuni che si trovano in area a rischio sismico (zona 1 e 2) e idrogeologo, solo il 21,1% gli edifici ha compiuto tale verifica. In lieve crescita invece i dati sull’accessibilità: l’82,3% degli edifici ha i requisiti di legge, il 16,4 % ha realizzato interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche.
Tra i moltissimi dati contenuti nel dossier, da rilevare ancora una volta la disparità di situazioni tra Nord e Sud Italia per quanto riguarda la qualità del patrimonio edilizio. Trento, Prato e Piacenza sono i primi 3 capoluoghi di provincia in classifica, ma bisogna arrivare alla 23ma posizione per trovare il primo capoluogo del Sud che è, curiosamente, L’Aquila (dove peraltro molte scuole sono ancora in moduli provvisori e presenta comunque una situazione straordinaria), seguito da Lecce alla 27ma posizione.
Un altro dato riguarda la disparità degli investimenti per la manutenzione. Nel 2012 l’investimento medio per la manutenzione straordinaria a edificio scolastico è stato di 30.345 euro contro i 43.382 del 2011. Nel Nord la media di tali investimenti è quasi tre volte quella del Sud, nonostante vi sia una maggiore necessità d’interventi nel Meridione, legata anche alla fragilità del territorio, al rischio idrogeologico, sismico e vulcanico. Insomma, Italia a due velocità (come noto).
Ci sono anche dati positivi. Ad esempio il trend registrato nell’uso delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. Dal 2008 al 2013 le scuole che utilizzano fonti di energia rinnovabile sono passate dal 6,3% al 13,5%. L’80,8% degli edifici ha installato impianti solari fotovoltaici, il 24,9% ha impianti solari termici, l’1,6% impianti di geotermia e/o pompe di calore e lo 0,4% ha impianti a biomassa. Infine il 9,6% utilizza il mix di fonti rinnovabili. E anche le regioni del Sud sono ben piazzate.
Il rapporto naturalmente è ricchissimo e dice molte cose. Sostanzialmente però torna su un refrain conosciuto: investire nell’edilizia scolastica è una urgenza indifferibile. Non solo con investimenti generalizzati, ma soprattutto con una programmazione mirata, per la quale – Legambiente insiste – serve l’anagrafe delle scuole, che non c’è (è attesa dal 1996). Senza, mancano le informazioni per intervenire in modo efficace. Insomma, servono i soldi (e il rapporto riconosce i passi avanti fatti recentemente, con i fondi stanziati e l’attenzione dichiarata dal ministro) e più ancora la programmazione. Solo così si potrà uscire dall’emergenza.

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