Di Umberto Siro

Sono le Nazioni Unite, ora, a mostrare preoccupazione sulla situazione cambogiana. Come ha riferito Asia News, l’Alto Commissariato per i diritti umani, ha espresso “profondo allarme per lo sproporzionato uso della forza”, da parte delle autorità di sicurezza, nei confronti delle migliaia di lavoratori del settore tessile, che hanno manifestato nei giorni scorsi, nel distretto industriale di Canadia, chiedendo l’aumento dei salari minimi – dagli attuali 80 dollari mensili a 160 – e migliori condizioni di lavoro. Il bilancio degli scontri – 4 le vittime, almeno 40 feriti, secondo le fonti dei manifestanti, mentre le autorità parlano di 2 morti e di qualche ferito – ha indotto l’Onu a chiedere al Governo il rispetto del diritto internazionale, “indagini accurate” e risposte relative alla scomparsa di 23 persone, fermate durante gli scontri, tra le quali un minorenne. Le manifestazioni dei giorni scorsi, hanno fatto seguito a quelle delle settimane precedenti, nelle quali decine di migliaia di operai, guidati dai due principali sindacati nazionali, hanno bloccato le vie di accesso al ministero del Lavoro, minacciando di paralizzare il Paese. L’industria manifatturiera, legata alla produzione di capi di abbigliamento per le grandi marche occidentali, è fra le più fiorenti: conta 650mila occupati – su una popolazione totale di 14 milioni di abitanti – 5 miliardi di dollari e costituisce l’80% di tutte le esportazioni.

Lavoratori e opposizione parlamentare contro il Governo. Il primo ministro Hun Sen, al potere dal 1985 (il leader in carica da più tempo nell’intera Asia) e riconfermato nelle elezioni che si sono tenute nel luglio scorso, deve affrontare per la prima volta il malcontento popolare, che sta assumendo proporzioni mai prima d’ora conosciute. Il rischio, per il regime di Hun Sen, potrebbe essere rappresentato dalla saldatura degli interessi dei lavoratori con quelli dell’opposizione parlamentare in crescita. C’è già più di un segnale che va in questa direzione, primo fra tutti proprio l’uso della forza da parte della polizia.

Il ruolo di Sam Raisy. Gli operai del tessile hanno già ricevuto l’appoggio di uno dei principali partiti di opposizione, il Partito della salvezza nazionale (Psn), che ha organizzato grandi manifestazioni e raduni di protesta, accusando il Governo di essere stato autore di brogli durante le elezioni che si sono tenute nel luglio scorso. Accusa peraltro condivisa da numerose Ong internazionali. Leader del Psn è una figura molto importante del Paese: Sam Rainsy, oppositore storico del primo ministro Hun Sen. Rientrato nel Paese proprio nel luglio scorso – dopo un auto-esilio in Francia durato 3 anni, per sfuggire a una condanna di 11 anni – in seguito alla grazia che gli era stata concessa dal re Norodom Sihamoni, Rainsy era stato accolto da migliaia di sostenitori al suo ritorno in patria. Dopo aver baciato la terra, aveva affermato: “Sono tornato a casa per salvare la Cambogia”. Si vedrà se il primo ministro, al fine di stabilizzare la situazione, concederà aperture alla protesta popolare e all’opposizione.

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