Non dev’essere scaramantico Matteo Renzi, o semplicemente è solo un temerario. Di sicuro, ci vuole una bella dose di faccia tosta per ricominciare dal punto che segnò la prima dolorosa sconfitta politica di Silvio Berlusconi. Quel famigerato Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori su cui si sono combattute le più dure battaglie politico-sindacali del Paese, mentre i giovani già cominciavano a non trovare uno straccio di lavoro, i lavoratori entravano in cassa integrazione straordinaria e la crisi economico-finanziaria lentamente penetrava nel tessuto di un Paese sclerotizzato.
“L’articolo 18 – ha scandito a favore di telecamera il segretario del Pd – è un totem ideologico attorno al quale danzano i soliti addetti ai lavori che non si preoccupano dei problemi ma fanno solo discussioni ideologiche”.
Sì, basta con le ipoteche ideologiche e i sussulti vetero sindacali. Il Paese ha bisogno di liberarsi da mille ingessature. Non sappiamo, anzi dubitiamo che l’Articolo 18 sia quella principale. Ma parlarne senza pregiudiziali sarebbe un buon inizio. Con un’unica piccola avvertenza per Renzi: nel suo discorso da neo segretario ha criticato apertamente il sindacato e si è augurato un cambiamento profondo. Ma se pensa di rifondare il sindacato attraverso l’abolizione dell’Articolo 18, non si faccia illusioni. Ci vuole ben altro, a cominciare da una voglia di riformarsi che deve venire prima di tutto dai lavoratori. E già questa è un’impresa culturale, prima che politica. Comunque auguri di buon lavoro a tutti i non ideologizzati, politici e imprenditori, lavoratori e sindacati.

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