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La globalizzazione della fraternità costruisce la pace

Papa FrancescoM. M. Nicolais
La fraternità come “dimensione essenziale dell’uomo”, che s’impara in famiglia e c’insegna a vedere gli altri come “fratelli da accogliere e da abbracciare”, e non come “nemici e concorrenti”. La fraternità come antidoto all’egoismo individuale e collettivo, alla “globalizzazione dell’indifferenza” che “ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell’altro”, alla “mentalità dello scarto” grazie alla quale la convivenza umana diventa solo un “do ut des”. La fraternità come via per la pace, che in politica chiede la cessazione del “clima perenne di conflitto” a favore di “politiche efficaci” che sappiano ridurre la “sperequazione del reddito”, contrastare la “povertà relativa” e il disagio, eliminare la corruzione e la criminalità organizzata, migliorare le condizioni disumane delle carceri. Sono questi alcuni temi del primo messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace, che si celebrerà il 1° gennaio sul tema: “Fraternità, fondamento e via per la pace”. Nel testo, il Papa lancia un doppio appello: a fermare la guerra, “esperienza dilaniante che costituisce una grave e profonda ferita inferta alla fraternità”, e a favorire il disarmo “da parte di tutti, a cominciare dal disarmo nucleare e chimico”.
Le guerre visibili e quelle invisibili. “La globalizzazione dell’indifferenza ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell’altro”. È la denuncia del Papa, secondo il quale “in tante parti del mondo, sembra non conoscere sosta la grave lesione dei diritti umani fondamentali, soprattutto del diritto alla vita e di quello alla libertà di religione”. Come “inquietante esempio”, il Papa cita “il tragico fenomeno del traffico degli esseri umani, sulla cui vita e disperazione speculano persone senza scrupoli”. “Alle guerre fatte di scontri armati” si aggiungono “guerre meno visibili, ma non meno crudeli, che si combattono in campo economico e finanziario con mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie, di imprese”. Nella famiglia di Dio, ribadisce il Papa, non ci sono “vite di scarto”, perché “tutti godono di un’eguale e intangibile dignità”. Tutti sono amati da Dio, “è questa la ragione per cui non si può rimanere indifferenti davanti alla sorte dei fratelli”.
Politiche contro disagio e povertà. In un mondo in cui diminuisce la povertà assoluta ma aumenta la “povertà relativa” e i “diversi tipi di disagio, di emarginazione, di solitudine e di varie forme di dipendenza patologica”, per il Papa servono “politiche efficaci che promuovano il principio della fraternità, assicurando alle persone di accedere ai capitali, ai servizi, alle risorse educative, sanitarie, tecnologiche”. In particolare, urgono “politiche che servano ad attenuare una eccessiva sperequazione del reddito”, seguendo l’insegnamento della Chiesa sull’“ipoteca sociale” dei beni. Per “essere veramente cristiani”, però, serve “il distacco di chi sceglie di vivere stili di vita sobri ed essenziali”. La crisi odierna può essere anche “un’occasione propizia per recuperare le virtù della prudenza, della temperanza, della giustizia e della fortezza”: le quattro virtù cardinali “ci possono aiutare a superare i momenti difficili e a riscoprire i vincoli fraterni che ci legano gli uni agli altri”, andando oltre l’obiettivo della “massimizzazione del proprio interesse individuale”.
No alla guerra, sì al disarmo. “Molti sono i conflitti che si consumano nell’indifferenza generale”, denuncia il Papa, che lancia un “forte appello a quanti con le armi seminano violenza e morte: riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere il vostro fratello e fermate la vostra mano! Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all’altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi!”. Poi l’appello al disarmo.
I mali del nostro tempo. “Un autentico spirito di fraternità vince l’egoismo individuale”. Ad assicurarlo è il Papa, che stigmatizza l’“egoismo” che “si sviluppa socialmente sia nelle molte forme di corruzione, oggi così capillarmente diffuse, sia nella formazione delle organizzazioni criminali”. Tra i mali del nostro tempo, il Papa elenca il “dramma lacerante della droga”, la “devastazione delle risorse naturali” e l’inquinamento in atto, la “tragedia dello sfruttamento del lavoro”, i “traffici illeciti di denaro” e la speculazione, la prostituzione e il traffico di esseri umani, i reati e gli abusi contro i minori, la schiavitù, la “tragedia spesso inascoltata dei migranti sui quali si specula indegnamente nell’illegalità”, le condizioni disumane delle carceri. Per la terza volta in tre giorni, infine, torna a denunciare la “vergogna della fame nel mondo”, che ci porta a domandarci “in che modo usiamo le risorse della terra”.