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Nell’Immacolata riconosciamo il nostro destino più vero: essere amati e trasformati dall’amore

Papa Aperecida

Da Zenit di Salvatore Cernuzio

ROMA – È una fanciulla di Nazareth umile e poco più che adolescente quella che ci presenta il Vangelo di san Luca e che oggi la Chiesa celebra come Madre Immacolata. Eppure su di Lei si è posato lo sguardo di Dio che l’ha “prescelta” come genitrice del Salvatore. E noi, guardando alla sua immagine bella, “riconosciamo anche il nostro destino più vero”. Trasudano tenerezza le parole di Papa Francesco nella catechesi prima dell’Angelus di oggi, festa dell’Immacolata Concezione, seconda domenica di Avvento.

Affacciato alla finestra del Palazzo apostolico, il Pontefice invita i numerosi fedeli in piazza San Pietro a ripetere tre volte “piena di grazia”, perché – spiega – è così che Dio ha guardato Maria, “fin dal primo istante nel suo disegno d’amore”, ed è così che la Chiesa la contempla. Il nostro sguardo verso Colei che è Madre di Gesù e nostra Madre deve restituire allora questa bellezza, oltre alla gioia per la certezza che Ella “ci sostiene nel nostro cammino verso il Natale, perché ci insegna come vivere questo tempo di Avvento nell’attesa del Signore”.

Il Papa commenta poi il brano di Luca che ci porta a Nazareth, “piccola località della Galilea”, nella periferia dell’impero romano e di Israele. Lì una giovane donna ha ricevuto questo annuncio straordinario: Dio ti ha scelta per essere madre del suo Figlio. E lì ha pronunciato quel ‘sì’ che ha cambiato la storia dell’umanità. “In vista di questa maternità – afferma il Santo Padre – Maria è stata preservata dal peccato originale, cioè da quella frattura nella comunione con Dio, con gli altri e con il creato che ferisce in profondità ogni essere umano”. Frattura che però “è stata sanata in anticipo nella Madre di Colui che è venuto a liberarci dalla schiavitù del peccato”.

L’Immacolata è, dunque, “frutto dell’amore di Dio che salva il mondo”, aggiunge Bergoglio, e la Madonna “non si è mai allontanata da quell’amore”, ma anzi “tutta la sua vita è un ‘sì’ a quell’amore”. Certo, osserva Francesco, “non è stato facile per Lei”. Il Vangelo narra che rimase “molto turbata” alle parole dell’Angelo, perché “nella sua umiltà si sente un nulla davanti a Dio”. E l’annuncio che avrebbe presto concepito un figlio “la sconvolge ancora di più”, sottolinea il Papa, “anche perché non è ancora sposata con Giuseppe”. Tuttavia, Maria “ascolta, obbedisce interiormente e risponde: Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”.

“Il mistero di questa ragazza di Nazareth, che è nel cuore di Dio, non ci è estraneo”, rimarca il Pontefice, perché “Dio posa il suo sguardo d’amore su ogni uomo e ogni donna”. Come afferma l’Apostolo Paolo, “anche noi, da sempre, siamo stati scelti da Dio per vivere una vita santa, libera dal peccato”. E questo “progetto d’amore”, Dio lo “rinnova ogni volta che noi ci accostiamo a Lui, specialmente nei Sacramenti”.

Pertanto, conclude Francesco, “contemplando la nostra Madre Immacolata”, riconosciamo “la nostra vocazione più profonda”: “essere amati, essere trasformati dall’amore”. “Guardiamo lei, e lasciamoci guardare da lei – esorta – per imparare a essere più umili, e anche più coraggiosi nel seguire la Parola di Dio; per accogliere il tenero abbraccio del suo Figlio Gesù, un abbraccio che ci dà vita, speranza e pace”.

Dopo la preghiera mariana, al momento dei saluti, il Santo Padre rivolge uno speciale pensiero alla Chiesa del Nord America, che oggi ricorda la fondazione della prima parrocchia, 350 anni fa: Notre-Dame de Québec. “Rendiamo grazie per il cammino compiuto da allora, specialmente per i santi e i martiri che hanno fecondato quelle terre” afferma il Papa, e poi saluta i soci dell’Azione Cattolica Italiana, che oggi rinnovano la loro adesione, augurandogli “ogni bene” per l’impegno “formativo e apostolico”.