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Le badanti moldave “si portano il lavoro a casa”

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Di Patrizia Caiffa
Le donne moldave che assistono gli anziani in Italia “ora si portano il lavoro a casa”. È un po’ brutale don Cesare Lodeserto, segretario generale della Conferenza episcopale moldava, nel descrivere questo nuovo e insolito fenomeno che sta accadendo in Moldavia: a causa della crisi molti anziani italiani rimasti soli vanno a vivere gli ultimi anni della loro esistenza con le assistenti familiari – comunemente ma impropriamente chiamate “badanti” – che rientrano nel Paese di origine. Non senza conseguenze: gli anziani ad un certo punto diventano irregolari, con problemi annessi e connessi. I moldavi in Italia sono circa 200mila, di cui 115mila con passaporto moldavo, gli altri con passaporto bulgaro, romeno o polacco. Il 25% della popolazione moldava è emigrato all’estero. Il 68% sono donne. Abbiamo incontrato don Lodeserto a Malta, a margine dell’incontro del Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali europee) sulle migrazioni.
Cosa sta accadendo in Moldavia?
“È un fenomeno che definisco usando un termine molto semplice: le badanti si portano il ‘lavoro’ a casa. A causa della crisi molti anziani italiani che rimangono soli si trovano a dover rinunciare all’assistenza. Dall’altra parte le donne moldave, consapevoli che la pensione di un anziano può essere un buon reddito in Moldavia, stanno facendo la proposta di portarli con sé, a casa loro. Noi seguiamo diversi anziani che hanno lasciato la propria terra: molte volte vendono i beni per terminare la vita accanto alla badante, alla quale sono grati per il servizio. Però c’è un problema: l’anziano italiano in Moldavia rimarrà irregolare, perché non esiste il permesso di soggiorno per anzianità o per altro motivo. Purtroppo questo porta ad altri fenomeni da noi non condivisi, come i finti matrimoni con figli, vicini o parenti”.
È un fenomeno in crescita?
“Sì, anche se non abbiamo purtroppo una percezione numerica del fenomeno perché si tratta di soggetti irregolari sul territorio moldavo. Entrano con semplice passaporto, senza richiedere il visto e possono rimanere per 90 giorni o sei mesi. Però di fatto non escono più”.
Un anziano ha bisogno soprattutto di cure sanitarie, come fa da irregolare?
“L’anziano rimane chiuso in una tranquilla casetta riscaldata, in un paesino o villaggio moldavo: certamente senza tutti i servizi che potrebbe avere in Europa ma con una donna che se ne prende cura. L’anziano ha bisogno di medicine, di assistenza, di sentire quel calore umano fatto anche di religiosità. Una nonnina italiana di 99 anni, seduta nella sedia a ruote, mi chiama ogni primo venerdì del mese per avere la comunione. Purtroppo la crisi sta generando tante situazioni di questo tipo”.
Quali problemi ne conseguono?
“Queste persone prima o poi avranno dei problemi con la riscossione della pensione, nel momento in cui lo Stato italiano saprà che la pensione è riscossa in modo non chiaro. Saranno chiesti una serie di documenti come la certificazione dell’esistenza in vita e ci sarà l’emersione di una situazione che andrà in qualche modo sanata”.
La volontà dell’anziano è chiara o ci può essere il rischio di manipolazioni?
“In genere l’anziano sceglie volontariamente. Più sembrare una cosa strana ma spesso l’anziano si affida totalmente ad una brava donna moldava e si crea un attaccamento affettivo. Ricordiamo che il legame affettivo di queste donne con l’Italia è forte: ci sono cinque matrimoni la settimana tra italiani e moldave. Un legame che genera situazioni apprezzabili, in alcuni casi sicuramente a rischio”.
Questi anziani ovviamente non tornano più in Italia.
“Gli anziani muoiono in Moldavia. Tempo fa ho celebrato il funerale di una novantenne veneta che ha vissuto irregolarmente in una periferia di un villaggio moldavo. Certo, mi ha rammaricato molto celebrare questo funerale perché la donna era completamente sola, il corpo era stato messo in un cartone in attesa che arrivasse il prete. Sono situazioni umanamente inaccettabili, che noi dobbiamo affrontare con il coraggio di una carità consapevole di dover andare incontro a questi fenomeni, attraverso una rete di servizi di assistenza. Dobbiamo seguire ogni tipo di migrazione”.
È dunque un periodo di rientri dalla migrazione?
“La Moldavia vive un periodo di assestamento politico e geografico: avendo scelto di entrare nel partenariato europeo con il libero scambio, si avvia ad un percorso di ingresso nell’Unione europea. È una evoluzione continua che genera incertezza. Tutto ciò provoca anche delle migrazioni di rientro. È di questi giorni la notizia che la Russia ha deciso di limitare gli ingressi dei moldavi e far rientrare gli irregolari, circa 190 mila persone. È una espulsione. La Russia aveva rappresentato sempre, per la manodopera maschile moldava, un punto di riferimento nel settore edilizio, come è stata l’Italia per le donne che assistono gli anziani. E se in Italia sono della brave badanti, in Moldavia sono delle madri che mancano. L’assenza di queste madri genera tutta una serie di danni sociali che noi come Chiesa siamo chiamati ad affrontare”.