San Benedetto del Tronto – Giovedì 31 ottobre si è conclusa “Ciao Fellini”, la mostra, organizzata dall’associazione culturale Artes&Co, dedicata al grande regista scomparso 20 anni fa. A rappresentare uno spaccato sulla vita di Fellini attraverso scatti fotografici, praticamente una “collezione di volti” ritratti, è stato Giuseppe di Caro, un artista fotografo nostrano che per il regista nutre una profonda passione nata dal suo legame con il pittore e ritrattista romano Rinaldo Gèleng, come lui stesso racconta, rispondendo alla prima domanda dell’intervista.

Da dove nasce la sua passione per questo personaggio?
La passione per Fellini si riconduce alla storia che mi lega al suo primo amico, Rinaldo Gèleng che il giovane Fellini incontra per la prima volta nel 1939, quando arriva a Roma. Ho avuto la fortuna di essere il fotografo di studio di questo pittore romano, Gèleng, quindi ho avuto occasione di sentir parlare più volte di Fellini, e a forza di raccontarmi di lui è arrivata la passione per Federico l’uomo, prima, e per Fellini il grande regista, poi. Quindi c’è stato prima l’avvicinamento alla persona di Federico, perché inizialmente per me Federico era relegato a disegnatore e caricaturista, e poi è nata la passione per i suoi film.

In che modo è stata strutturata la mostra?
Sono partito dagli amici degli anni ’40, come Alberto Sordi, Leopoldo Trieste e anche lo stesso Tonino Guerra che scrive insieme a Federico. Poi piano piano ho rilasciato uno spazio alle attrici, a quelle poche attrici felliniane che ho avuto la fortuna di incontrare e che mi hanno permesso di ritrarle. Segue l’angolo riservato ai musicisti come Bacalov e Caetano Veloso per esempio, e si prosegue con Amarcord con il manifesto che è di Giuliano Gèleng che, tra l’altro, e questa è una chicca, mi ha dato l’opportunità di mettere in mostra le sue sfere felliniane, e si finisce con La voce della luna, che è l’ultimo film di Fellini e che segna un po’ la sua fine di carriera, perché poi scompare, purtroppo, nel 1993. Infine c’è un angolo dedicato ai disegni, di quando Federico dedica il suo Oscar al suo amico Rinaldo e per concludere non potevo non mettere Liana Orfei perché non si può parlare di Federico senza parlare di circo.

Praticamente la mostra si può definire una galleria di una settantina di volti. Fellini condivise con Gèleng un profondo interesse per i volti, per le loro caratteristiche, un interesse che anche lei ha, tanto da essere definito “collezionista di volti”. Ci spieghi meglio questo interesse.
Diciamo che nella storia dell’arte molti hanno avuto un’attenzione al volto, come Rembrandt, ad esempio; è così anche per me, è un divertimento guardare gli occhi, i visi, le guance, gli zigomi, e questo interesse l’ho riportato nella fotografia. E’ un divertimento quotidiano perché quando sono in giro, al mercato o nei posti affollati mi diverto a guardare le facce, spesso le persone si sentono un po’ a disagio per questo mio modo di guardare, perché divento a volte un po’ insistente!

Quindi se ci sentiamo un tantino osservati non ci dobbiamo preoccupare: forse è Giuseppe di Caro che ci sta osservando e possiamo sentirci lusingati di avere dei lineamenti del viso così interessanti. Un’ultima domanda molto semplice: ma lei che lavoro fa?
Attualmente insegno fotografia al Liceo Artistico di Ascoli Piceno, ma ho vissuto 23 anni a Rieti dove oltre ad insegnare, potevo raggiungere facilmente Roma per poter svolgere questo tipo di attività.

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