sartoria

Di Paola Scarsi

Il “progetto d’inclusione sociale per donne rom” attraverso l’apprendimento di una professione artigianale come la sartoria è stato avviato tre anni fa, su idea del cardinale Agostino Vallini, da Caritas diocesana, Comunità di Sant’Egidio e Ufficio Migrantes diocesano. Vi prendono parte undici donne provenienti da numerosi campi, dai castelli romani, dal Camping River: quasi tutte impiegano oltre un’ora e mezzo per arrivare in sede. Rom Atelier non solo le aiuta a inserirsi nel mondo del lavoro ma è un vero incrocio di generazioni e di esperienze: sono tutte donne nate e cresciute qui con storie e vite diverse che sognano un futuro diverso. Le ragazze creano manufatti ed effettuano piccole riparazioni per una clientela di quartiere ampliata dal passaparola. Gli introiti vengono suddivisi tra le giovani che hanno una piccola borsa-lavoro della diocesi. Non è un’attività commerciale e non esiste alcun tariffario: lavori e riparazioni, di cui si indicano solo i costi, vengono compensati con piccole offerte.

Restituire dignità. Anna Fendi racconta: “Sono stata felice di partecipare alla realizzazione del progetto, al quale continuo a collaborare, ideato dal cardinale Vallini insieme alla mia amica Elisabetta Belloni con l’affettuosa presenza di monsignor Leuzzi. Assistere e appoggiare le ragazze rom insegnando loro un lavoro e offrendo la possibilità di ottenere dei piccoli importi, significa restituire a queste ragazze – che lo desiderano ardentemente – la loro dignità di donne”. Anna Fendi è madrina del progetto di cui ha anche ideato il nome “Rom Atelier” in cui continua a essere profondamente coinvolta. Un piccolo esempio? Lunedì 28 ottobre le è stato consegnato il Premio Fuoriclasse 2013 di Castagner: prevede anche un riconoscimento in denaro che ha deciso di devolvere al Rom Atelier.

Idea intelligente. Maisa è la giovane assistente sociale che coordina il progetto, segue individualmente le ragazze, risolve le questioni burocratiche grandi e piccole, cura l’inserimento di Rom Atelier – che è posizionato in sede centrale in un palazzo in Lungotevere Vallati – nel territorio. Vive il suo impegno con gioia e passione. “Mi piace questo progetto – spiega – perché è una bella espressione dei cristiani, della Chiesa che è madre nella carità e perché è un’idea intelligente d’inclusione sociale. Lo vedo anche dalle piccole cose, per esempio dalla sicurezza che acquisiscono: vederle rivolgersi ai clienti con scioltezza è una grande soddisfazione”.

Verso l’autonomia. Figura insostituibile del progetto è Lila, l’insegnante di sartoria suggerita da Anna Fendi di cui è amica da lungo tempo. Abile sarta e ricamatrice anche lei mette al primo posto “l’autostima che le ragazze trovano qui e che lentamente permea anche il loro contesto”. Lila insegna sartoria dall’a alla zeta: cucire a mano e a macchina, imbastire, creare cartamodelli; infilare le macchine da cucire, regolare le tensioni, usare le spolette; fare un particolare tipo di patchwork tono su tono con i tessuti che vengono loro donati; ricamare a giorno, punto croce, gobelin, punto pieno. “Perché – spiega – stiamo creando una sorta di linea coordinata per i sacerdoti e le parrocchie che comprenderà anche l’arredo dell’altare ricamato”. Si muove tra i vari tavoli di lavoro controllando la realizzazione di un abito, le cuciture di un cuscino tra righe squadre spolette e rocchetti, carta velina per i cartamodelli. Mentre parliamo, è continuamente interrotta dalle ragazze che chiedono consigli e spiegazioni su come operare al meglio. Lei con estrema pazienza e competenza spiega, suggerisce, toglie spilli, tende con mano sicura le stoffe di diversa consistenza per farle combaciare. “Ognuna di loro sta facendo un lavoro diverso in autonomia e anche questo è un passo del percorso formativo. Il corso dura otto mesi ma l’obiettivo è quello di rimanere aperti tutto l’anno riuscendo ad andare avanti in autonomia”, conclude.

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